Il postino suona sempre due volte

di Fausto Sassi

«Ciao Tato».
«Ciao, Roberto».
«…».
«Sì, Tato, ciao anche a te».
«Perché hai pensato quel titolo? “Il postino suona sempre due volte”. Non è un film?».
«Certo, un film del 1981 con Jack Nicholson e Jessica Lange, ispirato al romanzo di James M. Cain, pubblicato nel 1934».
«E chi era il postino, Nicholson?».
«No, era una metafora per dire che il destino bussa sempre due volte. In effetti il postino non c’entra per niente, visto che la vicenda è un noir tragico, sessuale e violento. Ci sono stati alcuni morti».
«Come mai ti è venta in mente una storia del genere?».
«Perché ho constatato che durante la pandemia, quando arrivava un pacco, il postino suonava il campanello di casa, ancora oggi come ai vecchi tempi, due volte e l’Adriana, pensando al celebre film, mi chiedeva chi avevo ammazzato nel frattempo».
«Teh, Tato, varda che mi tu mai dumandaa roba dal genar, neh!».
«No, Adriana, non tu ma la mia Adriana!».
«E tu non avevi ammazzzato nessuno?».
«Oh Roberto, anche tu adesso...».
«No, qui nessuno ha ammazzato nessuno, era solo un modo di dire».
«Lo so, ho capito. Suona due volte per annunciare l’arrivo di una raccomandata o di un pacco; così facendo la gente sa che deve rispondere al campanello…».
«…e mia fa finta che i l’ha mia sentüü!».
«Esattamente! L’altro giorno un mio carissimo amico di Ginevra, Paolo, sapendo che mi ero lussato una spalla ed ero “ingabbiato” con il braccio sinistro, mi ha spedito sei bottiglie di champagne, assicurandomi che avrebbe accelerato la guarigione. Non so se sia vero o no, comunque lo sto bevendo...».
«Va bene, ma cosa c’entra il postino?».
«C’entra perché quando è arrivato il pacco, il postino ha suonato due volte e alla mia richiesta al citofono “chi è?” ha risposto: “Posta. Se mi apre le metto un pacco nell’ascensore e firmo io per via del Covid”».
«Certo che con i citofoni si risparmia energia e tempo, ma ai vostri tempi come andava un fatto del genere?».
«Andava che, ad esempio, se ricevevi qualcosa che richiedeva una firma, il postino saliva fino al tuo piano, suonava il campanello e ti faceva firmare la ricevuta».
«Ne facevano di scale quei bravi ragazzi!».
«Eccome! Pensate, e questo me lo raccontavano alcuni amici postini che facevano ginnastica con me alla Fides, che ogni tanto capitava che delle signore vogliose di generosità intime, si scrivevano delle finte raccomandate e, quando il postino predestinato saliva al piano, veniva spesso invitato a prendere un caffè o una bevanda ristoratrice. E poi...».
«Tato, ga credi mia, ta le inventada ti!».
«No, Adriana, così mi hanno raccontato».
«Una volta l’ho anche chiesto al Felice Meregalli, il postino per eccellenza. Pensa che era l’unico del Luganese che conosceva a memoria tutti i giri e gli indirizzi, tant’è che quando un collega si ammalava, andava lui a sostituirlo. Ecco, avevo chiesto anche a lui se la storia delle signore era vera».
«E cusa 'l ta dii, che l’era una bala?».
«No, ha risposto con quel suo sorriso da furbo dicendo che ogni tanto arrivava alla fine del giro qualche giovane postino senza la cravatta».
«Ma ai nostri giorni la storia è finita: citofono, porta elettrica, ascensori… Una volta forse era meglio, o peggio, chissà. Il fatto reale è che i postini hanno i giri di consegna talmente tirati che non hanno certo tempo di distrarsi, e poi sempre a cavallo delle motorette elettriche con rimorchio che viaggiano a tutta birra».
«Hai ragione, Roberto, certo che ai miei tempi si portavano a tracolla quei borsoni di pelle carichi di posta pesantissimi e, a volte, anche con dei pacchi caricati sulla bicicletta. Comunque i giri più lunghi li facevano alla fine del mese quando portavano i soldi dell’Avs. Dovevano consegnarli, in contanti, a ogni indirizzo, aspettando la firma della ricevuta, non come adesso che te la versano direttamente sul conto bancario. Avevano anche un po’ di tempo per scambiare due chiacchiere con la gente».
«Io penso che ci siano ancora degli anziani che non hanno il conto bancario».
«Non saprei se possono ancora consegnare delle rendite in contanti, caro Roberto, e se lo fanno ancora penso che siano dei casi rari».
«Chissà se dalla Portughesa il postino suona?».
«Da lei no, entra, si siede e, a volte, beve un caffè se non ha troppa fretta».
«Ok, sapete cosa facciamo noi tre? Appendiamo il cartello “torno subito” e andiamo dalla Paula a continuare la chiacchierata».
«No, no, niente cartello. Nii vialtri dü, mi stu chi mi in butega. 

Leggi tutto l'articolo
sull'edizione del 06.08.2021

Accedi per leggere Abbonati

#I fotogrammi di Fausto Sassi

#I fotogrammi di Fausto Sassi
Ma lo sai chi ho visto ieri? 
#I fotogrammi di Fausto Sassi
Zio Ettore, lo zio del papà 
#I fotogrammi di Fausto Sassi
L’Egitto nel DNA
#I fotogrammi di Fausto Sassi
I ragazzi del muretto
#I fotogrammi di Fausto Sassi
Sai nuotare?
#I fotogrammi di Fausto Sassi
E l’orto più bello di Lugano?