«Ciao Tato».
«Ciao Roberto, solo soletto stamattina?».
«Sì. L’Adriana è andata a ginnastica e poi dal parrucchiere, la Barbara è in giro per spese varie e io, finalmente, sono un po’ tranquillo. Almeno fino a pochi minuti fa, poi sei arrivato tu e allora la tranquillità è andata a farsi benedire!».
«Ah, bella maniera di ricevermi!».
«Ma dai, era una battuta! Piuttosto, cosa vorresti dire con questo titolo?».
«Semplicemente chiederti se sai nuotare».
«Certo, e tu?».
«Certo, ero anche membro della Società di salvataggio».
«Tu? E hai mai salvato qualcuno?».
«Sì, una bella ragazza. Aveva 15 o 16 anni, io 18 ed ero fresco fresco di brevetto. A quei tempi al Lido di Lugano non c’erano le piscine e si nuotava solo nel lago. Esistevano due zattere distanti una dall’altra cinquanta metri, ciò che permetteva di effettuare tutte le gare di nuoto e poi, a un centinaio di metri dalla riva, c’era una zattera rossa».
«Perché rossa? Era stata pagata dal partito socialista?».
«Bella la battuta!».
«Stavolta ti ho fregato… Ma perché era rossa?».
«Di sicuro non lo so, forse perché, essendo al largo, il rosso segnalava attenzione, pericolo, o cose del genere. Fatto sta che questa ragazza stava per salire la scaletta della zattera rossa e qualcuno la spintonò facendola ricadere lontano. Lei si spaventò e cominciò a dibattersi come quando si sta per annegare. Io mi buttai in acqua e la trassi in salvo».
«Bravo! Poi ti hanno dato una medaglia?».
«Figurati! Pensa che a distanza di 65 anni l’ho rivista in centro e mi sono presentato raccontandole la storia. Se la ricordava bene e mi ha parlato dello spavento che aveva preso».
«E quando ti ha rivisto si è spaventata ancora?».
«Ah, ah, devo dire che sei quasi più sarcastico di tuo padre, il Tato macellaio».
«…».
«Me lo ha confermato anche lui, guarda che ti cura e ci ascolta. E tu, dove hai imparato a nuotare? A scuola?».
«Alle scuole di Cureglia non c’era la piscina».
«Vero, pensavo alla scuola di Viganello».
«Lì c’era la piscina?».
«Sì, e bella anche. Un tempo il maestro di nuoto è stato Roberto Knijnenburg».
«Da dove arrivava con un cognome così?».
«Allora, nasce a Lucerna nel 1958 e subito torna in Olanda perché suo padre era di lì. Poi, quando aveva sei anni, la famiglia torna in Ticino. Il piccolo Roby inizia la scuola a Viganello senza conoscere una parola di italiano... Il suo docente era Luigi De Micheli, impegnato spesso anche la sera come annunciatore a Radio Monteceneri. Dopo le elementari passa alle scuole maggiori con una coppia di insegnanti speciali, Mario Delucchi e Rosetta Beltrami. Poi decide fare il maestro e si iscrive alla Magistrale, perché cercava una professione dove avrebbe trovato subito lavoro. Ironia della sorte, una volta ottenuto il diploma di docente, scoppia la crisi! Non c’è bisogno di insegnanti. Scrive a tutte le scuole del Cantone allegando, oltre al diploma, il suo curriculum sportivo».
«Che sport praticava?».
«La pallanuoto, proprio ai tempi della grande squadra del Lugano che vinse diversi campionati svizzeri, con i vari Budda Bustelli, Nico Van der Voet, Mauro Frischknecht… Ti assicuro che era uno squadrone. E così gli offrirono, a Viganello, un posto come insegnante di nuoto e sport in generale».
«Chissà le storie che ha da raccontare...».
«Mi diceva che una mattina, entrando in piscina, gli sembrava che il rumore non era quello di tutti i giorni».
«Gli avevano fregato l’acqua?».
«Non l’avevano fregata, ma non c’era più. Piscina vuota».
«Come mai?».
«Scoprirono che un sassolino era entrato, chissà come, nel filtro dell’acqua e la piscina durante la notte si era svuotata! Tre giorni senza nuoto».
«Quanti anni è rimasto a Viganello?».
«Tre anni, il nuoto e l’insegnamento di solo sport non lo appagavano abbastanza, quindi si iscrive al Politecnico di Zurigo, facoltà di informatica, e si laurea dopo quattro anni e mezzo, rimanendo a Zurigo a lavorare per la Fides».
«La Fides? La società di ginnastica di Lugano dove facevi ginnastica anche tu?».
«No, è un’altra Fides. Quella del Roby era la Fides Informatik, una ditta che apparteneva al Credit Suisse. Poi, come dice lui, la casa madre decise di concentrarsi solo sui “soldi” e di conseguenza una ditta di informatica non interessava più. E la storia finisce con la vendita agli americani. E lui dopo quarant’anni torna in Ticino».
«A Viganello».
«No. A Cadro. E qui comincia il bello. Peccato che lo spazio in questa pagina è esaurito e non posso continuare».
«Ma non puoi lasciare me e tutti i lettori così in sospeso!».
«Dai, andiamo dalla Purtughesa».
«D’accordo, ma la storia del Roby Knijnenburg?».
«E chi le ha tutte quelle cartoline?».
«Il signore della pagina precedente, Roberto Knijnenburg».
«E dove le ha trovate? In fondo al lago?».
«Non proprio, ma il lago c’entra. Quando il Roby arrivò a Lugano, aveva sei anni, si innamorò della città e delle cartoline di quei tempi e, così per gioco, cominciò a metterle da parte. Una oggi, una domani e le cartoline cominciarono a far parte della sua vita».
«E cosa c’entra il lago?».
«Beh, ha la sua importanza perché un giorno una signora che sapeva della sua passione gli disse: “Vai a trovare mio nonno, lui di cartoline dovrebbe averne molte”. Il ragazzo andò dal nonno della signora, che altro non era che il famoso fotografo Christian Schiefer, autore delle note fotografie della liberazione di Milano e dell’esposizione dei cadaveri di Benito Mussolini e della sua compagna, Claretta Petacci, in piazzale Loreto, scattate il 29 aprile del 1945».
«Ma vah!».
«Certo. Schiefer, durante la guerra, esercitò l’attività di fotoreporter militare per il Servizio stampa e radio. Nel 1943 fotografò a Stabio l’ingresso dei richiedenti l’asilo e a Lugano scattò loro circa 400 ritratti da inserire nel “Libretto per rifugiati”. Nel 1994 l’Archivio di Stato a Bellinzona acquistò il suo ricco fondo fotografico. Schiefer era di origini grigionesi, nato a Davos e nel 1920 arrivò a Paradiso, dove aprì uno studio con negozio, che poi nel 1965 trasferì a Lugano, in riva Caccia. Era un signore distinto e sempre elegante e lo fu fino al giorno della sua morte, avvenuta a Lugano nel 1998, a ben 102 anni».
«Sì, ma cosa c’entra il lago?».
«C’entra perché il signor Schiefer, quando ascoltò la richiesta di Roberto che desiderava delle cartoline, si rammaricò perché, quando aveva traslocato da Paradiso a Lugano, si accorse d’avere una montagna di lastre fotografiche con vedute di Lugano, che correvano dagli anni venti fino al 1965 e che, non avendo posto nel nuovo negozio, un giorno le caricò su una barca, andò verso il centro del Ceresio dove le scaricò tutte. Pensa oggi il valore di quelle lastre!».
«Accipicchia, un bel po’ di meravigliose fotografie di Lugano sono sul fondo del lago!».
«Purtroppo è proprio così, ma parecchie sue opere si sono salvate e sono nel suo fondo all’Archivio di Stato: 1.500 fotografie, 7.500 negativi e 60 lastre concernenti gli ultimi anni della Seconda guerra mondiale nell’area di confine tra Mendrisio e la Provincia di Como, nonché numerosi soggetti di località ticinesi tra il 1932 e il 1956».
«Ma allora tra le cartoline del tuo amico Roby ci sono dei veri cimeli storici!».
«Eccome! Ad esempio questa della funicolare che porta alla stazione Ffs di Lugano, datata 1906, con tutta quella gente e numerosi bambini schierati in posa. Come puoi vedere le cartoline a quei tempi si scrivevano nello spazio bianco che c’era a disposizione, sotto e a lato».
«E perché non dietro come facevamo noi?».
«Perché a quei tempi, dietro si poteva scrivere solo l’indirizzo e mettere il francobollo, mentre davanti si scrivevano pochissime righe, altrimenti si doveva ricorrere a una lettera. Regole postali, mio caro».
«Se non sbaglio esisteva, e penso esista ancora da qualche parte, la collezione di Angelo Brocca, che anche lui era di Molino Nuovo».
«Hai ragione, infatti l’Angelo un giorno mi disse che gestiva il Grotto La Palma in via Castausio, cuore del nostro quartiere».
«Sarà contenta tua moglie Adriana: dice sempre che, secondo te, i più belli, bravi, simpatici e intelligenti sono di Molino Nuovo!».
«Cito, quando leggerà queste righe ricomincerà la solita tiritera…».
«La foto della piazza funicolare è la più vecchia della collezione di Knijnenburg?».
«No, quella più indietro nel tempo credo sia l’immagine del debarcadero centrale, scattata nel 1895, più di 126 anni fa».