Mi riesce difficile scrivere del pettirosso senza pensare a mia nonna, che con questo uccellino amava interloquire dalla finestra della cascina di montagna. Attratta dal suo melodico canto, spalancava le gelosie e se lo ritrovava lì, sul ramoscello sporgente del grande abete rosso, quasi si fossero dati appuntamento. Cosa si dicessero è un mistero, sta di fatto che ogni qual volta vedo un pettirosso mi chiedo se per caso non sia lo stesso legato al mio ricordo.
Ma come spesso accade però, nel mondo naturale la realtà è più complessa delle nostre visioni romantiche. Eppure storie e leggende sul pettirosso (Erithacus rubecula) si sprecano, attribuendo a questa specie dal comportamento vivace, un valore di vicinanza e amicizia nei confronti dell’uomo. Un trattamento ben diverso da quello riservato ai propri simili, con i quali questi passeriformi sono meno gioviali. I pettirossi sono infatti territoriali e demarcano gli spazi cantando ad alta voce. Guai a superare i loro confini!
Nonostante sia diventato il simbolo dell’inverno e delle festività, non è raro osservarlo in altre stagioni, intento a cacciare insetti o a gustare bacche nei boschi e nei giardini. Nel periodo estivo il pettirosso si riproduce deponendo 5-7 uova da tenere al riparo da famelici predatori come le volpi e le faine, ma anche dai nostri adorabili gatti! Il nido si trova nascosto all’interno di cavità o di mucchi di sterpaglie.
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