Tra le opzioni c’erano anche Giappone, Cina, Inghilterra, Germania e Israele, ma alla fine la scelta è caduta sulla California. Luca Ducoli, classe 1989, l’America l’ha trovata davvero nella Silicon Valley, alla Stanford University, dove sta lavorando per realizzare il sogno di diventare professore universitario. Dal 2021 svolge un post-dottorato di ricerca nel laboratorio di dermatologia del professor Paul Khavari. Un’esperienza arricchente e stimolante che, ne siamo sicuri, lo porterà lontano anche sul piano professionale. Conosciamolo.
Com’è cominciato il tuo viaggio? «Dopo la scuola dell’obbligo, ho frequentato il Liceo Lugano 1. Conseguita la maturità scientifica, ho assolto la leva obbligatoria come soldato delle trasmissioni delle truppe di salvataggio e frequentato la scuola per ufficiali, ottenendo il grado di primo tenente. Come militare in ferma continuata, in quasi due anni di carriera ho concluso il mio intero periodo di servizio. Dopodiché…».
Dopodiché sei passato dalla divisa ai banchi accademici? «Esatto. Mi sono iscritto all’università di Zurigo (Uzh), scegliendo biologia come materia principale e chimica come secondaria. Durante il percorso per l’ottenimento del bachelor ho partecipato a una spedizione di biologia marina della conservazione in Indonesia, dove ho anche scoperto una passione per le immersioni. Quella è stata la mia prima vera esperienza fuori dal Paese».
Ciò significa che hai continuato a viaggiare? «In parte. Rientrato in Svizzera, ho conseguito un master in biologia con specializzazione in genetica. Non prima però – piccola parentesi affettiva – di convolare a nozze con Tania, che ho conosciuto ai tempi del liceo e che da quindici anni è la miglior compagna di viaggio che potessi desiderare. Ma torniamo a noi: durante il dottorato, svolto al politecnico di Zurigo, è arrivata la seconda grande opportunità oltre i confini nazionali. Ho infatti potuto trascorrere quattro mesi in Giappone, a Yokohama, per lavorare come ricercatore nel prestigioso Riken Institute. Un vero onore».
Negli States come sei arrivato? «Dopo lunghe e attente valutazioni, anche perché nell’ultimo anno di dottorato mia moglie mi ha fatto il regalo più prezioso, dando alla luce la nostra piccola Zoe, che oggi ha tre anni. Ciliegina sulla torta, il mio periodo al politecnico di Zurigo si è chiuso con un’altra splendida sorpresa: ho ricevuto la Eth medal per aver svolto uno dei migliori lavori di dottorato del mio anno. Ero al settimo cielo e sentivo di poter dare una svolta alla mia carriera, per coronare il sogno di diventare un giorno professore universitario e aprire in Svizzera un mio laboratorio dove istruire future generazioni di ricercatori».
Un obiettivo raggiungibile solo maturando esperienza anche all’estero? «In Svizzera è proprio così. E infatti, dopo aver valutato numerose opzioni – Giappone, Cina, Inghilterra, Germania, Israele e Stati Uniti – abbiamo deciso di partire, scegliendo la Silicon Valley, in California, vuoi per le tante opportunità di crescita professionale, vuoi per la qualità della vita».
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