#Antichi ricordi | 12/07/2024

Primo agosto d'inizio '900 a Sessa?; I campioni del 1949

La prima immagine che proponiamo ritrae una piazza Giovanni Rossi a Sessa con numerose persone che guardano verso una finestra del primo piano del Bar Centrale: o qualcuno sta tenendo un discorso o semplicemente sono immobili per farsi ritrarre da un fotografo. Una bella cartolina, con tanto di firme sul retro, omaggia la squadra del Football club Lugano del 1949.

Primo agosto d'inizio '900 a Sessa?

In piazza Giovanni Rossi a Sessa numerose persone guardano verso una finestra del primo piano del Bar Centrale: o qualcuno sta tenendo un discorso o semplicemente sono immobili per farsi ritrarre da un fotografo. In alto a destra alcune donne e altre persone sparse occupano lo spazio chiamato «piaza da Sóra» mentre un mucchio di fieno e altre cianfrusaglie non permettono di vedere se lì fosse già installata «ra pesa» che veniva usata per pesare, togliendo la tara, carri con legname, fascine o ciocchi, fieno o letame da vendere. Nell’estremo angolo in alto a destra, una donna e una bambina sono in mezzo alla strada che porta verso Beredino e Astano.
Nella casa alle spalle della piccola folla, nella prima metà del secolo scorso era in attività il negozio della Cooperativa; ora, superata la pandemia, sta riprendendo vita il «Butéghin», dove a chilometro zero è possibile trovare non solo l’indispensabile, ma molto di più, con prodotti della zona, gastronomici o di artigianato. Da qualche tempo, gli anziani riprendono le vecchie abitudini: dopo il caffè al Bar Centrale, la spesa al «Butéghin», con quattro chiacchiere con gli altri avventori. Prima di «invia via» il pranzo, magari si trova il tempo di riattraversare la piazza per l’aperitivo! Forse, chissà, in piazza ritorneranno anche i giovani, almeno la sera del sabato e la domenica.
La fotografia potrebbe risalire all’inizio del secolo scorso. Ho conosciuto il principale fotografo locale dell’epoca, Gualtiero Galeazzi di Beredino, nato nel 1888 e del quale conservo parecchi scatti. Non si tratta di una festa religiosa: non vediamo nessun prete e nemmeno uno dei numerosi finti pretini, che cercavano di guadagnarsi una maturità liceale a spese della Chiesa. È primavera inoltrata, forse estate: parecchie donne sono smanicate o in tenuta leggera. Non lasciamoci fuorviare dagli uomini che indossano giacca, gilè e cappello, perché nella prima metà del ’900 si vestivano così tutto l’anno. 
Ma qui sorge un primo dubbio: se era estate, come mai c’erano tutti quegli uomini? Nell’Ottocento e ancora a inizio Novecento, dopo aver festeggiato entro febbraio i patroni dei vari oratori e al più tardi passato carnevale, l’emigrazione stagionale svuotava di uomini l’intero basso Malcantone; a casa restavano solo i vecchi, le donne e i bambini con i lavori di campagna sul groppone. E anche le bande musicali avrebbero riposto gli strumenti in attesa del prossimo Natale. Eppure in piazza ci sono almeno una decina di suonatori con i loro strumenti e una bandiera che potrebbe essere la prima della Musica Concordia. Notiamo due strani strumenti: uno al centro della foto, l’altro tutto a sinistra. Dovrebbero essere delle cornette a quattro pistoni, con il quarto che dando fiato a una sordina creava un effetto eco.
Forse anche la moda ci viene in soccorso. Fino all’inizio del secolo scorso le donne coprivano la testa con un fazzoletto (ur panétt). Qui però sono a testa nuda, con belle acconciature di capelli. Un’amica «coiffeuse» mi assicura che la moda è stata importata da Parigi poco prima della Grande guerra. Inoltre le donne, a parte le ragazzine, indossano la gonna lunga a coprire le caviglie.
Ecco questo potrebbe essere un valido indizio: la Grande guerra, scoppiata nel 1918, ha fatto rientrare in patria la maggior parte degli stagionali che lavoravano in Francia, Germania e Italia. Ipotesi suffragata dalla presenza di cappelli di paglia «alla magiostrina» e qualche cravatta con nodo «alla Lavallière». Uno strano personaggio in primo piano con barba e baffi finti, ha in testa quello che, di primo acchito, sembra un cilindro; la forma rastremata del tubo lo identifica invece come «gibus» a molla, un genere che si poteva comperare a Parigi nei negozi di «farces et attrapes». E un personaggio simile, capace di andare in piazza con al braccio una molla per il camino («möia») potrebbe essere il giovane Luiseta: nato nel 1902 era il re dei palcoscenici rusticani di paese.

Al centro della foto, verso il basso con in braccio il flicorno baritono (ur bombardin) riconosco mio nonno Antonio, nato nel 1882 e sposato nel 1912 con Ottilia. Appena si accorse che la gonna della moglie diveniva ogni giorno più corta, le lasciò un gruzzoletto di marenghi e ricominciò il viavai stagionale tra Parigi, Lione e Ginevra e la natia Beredino. «Cela va sans dire» che la malattia parigina contagiò poi anni dopo suo figlio e, dopo metà Novecento, anche il sottoscritto.
In attesa che qualche testimonianza arrivi a definire meglio questa piccola ricerca penso sia plausibile avanzare come data il 1920 e una commemorazione del Primo agosto.
Adelio Galeazzi

 

I campioni del 1949
Flavio Petrini ci consegna una bella foto della squadra del Football club Lugano del 1949, anno in cui i bianconeri si sono laureati campioni svizzeri di Lega nazionale A. Nel retro ci sono le firme di tutti i giocatori che hanno partecipato a quella stagione memorabile. Di quella compagine faceva parte anche Erio Petrini, papà di Flavio.
In piedi da sinistra: L. Fornara, Gobbi (massaggiatore), Passardi, Bagutti, Corrodi, Bergamini, Zappa, Cavadini, Erio Petrini e, probabilmente, l’allenatore Volentik e il presidente dott. Antonio Bianchi oltre a una terza persona. Accosciati: Kauer, Cavadini, Albizzati, Sergio Bernasconi, Mario Bernasconi e Mosena.