di Adriana Rigamonti
Vediamo dunque di conoscere quest’ultimo animaletto, che in teoria potrebbe vivere in tutte le zone d’Europa (fatta eccezione per l’Irlanda e la Penisola iberica). Ma ahimè, almeno dalle nostre parti diventa sempre più raro, forse per la scarsità di ambienti adeguati.
Come riconoscerlo, se lo incontriamo? Semplice: se è maschio ha dorso e fianchi piuttosto scuri, punteggiati di macchie rotonde, mentre lungo i lati della coda si delinea una banda madreperlacea. Nel periodo degli amori, poi, il baldo giovanotto presenta, lungo il dorso e l’appendice caudale, una cresta che evoca il drago delle fiabe.
E se ci imbattiamo in una femmina? Beh, lei la cresta proprio non ce l’ha e non ostenta né le macchie sul dorso, né la striscia sulla coda. Siccome misura 12-18 centimetri, è più lunga del maschietto (tra 10 e 16 cm).
Alimentazione, discendenza e… letargo
Per quanto riguarda il cibo, i tritoni non sono schizzinosi: da «bebé» apprezzano piccoli crostacei e larve di insetti, mentre durante l’età adulta assaporano volentieri vermi, crostacei, girini, insetti…
Il periodo degli amori inizia verso la metà di maggio, con riti di corteggiamento che avvengono in acqua. Se la gentile dama fa capire di essere pronta a diventare mamma, il maschietto rilascia sul fondo della torbiera un contenitore detto spermatofora, che poi la femmina accoglierà nel ventre. Qui, al riparo da ogni pericolo, avverrà la fecondazione delle uova bianco-giallognole (in numero variante tra 200 e 400), che saranno poi deposte nell’acqua e assicurate alle piante palustri. Per svolgere quest’ultimo compito, la neomamma si aiuta con le zampe. Di norma, le uova si schiudono dopo una ventina di giorni: le larve, ormai libere, iniziano la metamorfosi che si concluderà in circa tre mesi.
Raggiunta l’età adulta, dapprima si nutrono ben bene per accumulare adipe sufficiente per affrontare i futuri primi freddi; quindi vanno alla scoperta della terraferma, senza però allontanarsi troppo dall’acqua. Quando arrivano le temperature autunnali, i simpatici anfibi cercano una comoda sistemazione, magari sotto mucchietti di legna morta.
A spasso tra le lingue
Cominciamo dal latino, che non poteva mancare. Nel 1768 il nostro anfibio è stato battezzato Triturus cristatus: non da Linneo, bensì da Laurenti (biologo nato a Vienna nel 1735 e qui morto nel 1805); fa parte della classe degli Anfibi e dell’ordine degli Urodeli (anfibi caudati); appartiene alla famiglia dei Salamandridi. In francese il draghetto si chiama triton crêté, in tedesco schopfmolch e in inglese crested newt.
Bibliografia:
1. Romina Borla: «L’alpe di Santa Maria di Lago rinasce» (Rivista di Lugano, 20-27 dicembre 2019)
2. Federico Storni: «Si ristruttura la casa di tritoni e piante carnivore» (Corriere del Ticino, 9 ottobre 2021)
3. ideegreen.it; laboratoriovalsusa.it