I vagabondi
Canzone:
«I dis che i minatori son lingéra,
i porta scarpe strece e stivaloni.
Apéna i gh’a sbogiàt la galerìa
i mola picch e pala e pö i van via».
«Dicono che i minatori sono dei vagabondi
portano scarpe strette e stivaloni
appena hanno forato la galleria
abbandonano il piccone e il badile e vanno via».
Nell’Ottocento, Lugano e la parte meridionale del Cantone arrischiarono di rimanere isolati rispetto al traffico ferroviario internazionale. Importanti pressioni (tanti tèst, tanti mazòr; tante mazze) spingevano per creare un collegamento N-S dell’Europa passando per il Lucomagno per poi scendere a Bellinzona e proseguire lungo le sponde del Lago Maggiore verso Novara. Si proponevano anche altre alternative, come la connessione attraverso lo Spluga, coinvolgendo i Grigioni, Chiavenna e Milano.
Pasquale Lucchini, il progettista delle gallerie elicoidali del Piottino e della Biaschina e del ponte-diga di Melide (1847) sostenne con forza la priorità del passaggio attraverso il San Gottardo, intuendo il pericolo dell’isolamento del Sottoceneri.
Anche l’esule Carlo Cattaneo, allora insegnante al liceo di Lugano, si adoperò per perorare la causa presso Cavour, di passaggio a Locarno. Il vice sindaco di Lugano, Pasquale Veladini, direttore della Gazzetta Ticinese, indirizzò una vibrante interrogazione al Municipio per sostenere il percorso ferroviario Como-Chiasso-Lugano.
Una richiesta che diede man forte al locarnese Giovanni Battista Pioda, responsabile delle relazioni con l’Italia, per ottenere l’assenso dei rappresentanti della vicina repubblica nella scelta definitiva della linea Monte Ceneri-Lugano-Chiasso. Questa valutazione fondamentale concorse a impedire l’esclusione del Luganese e del Medrisiotto dai traffici internazionali.
Risse e malattie veneree
La partecipazione ai lavori di costruzione della linea ferroviaria di quasi 20mila operai italiani, se da un lato permise ai ticinesi di conoscere gli universali e prelibati spaghetti (qualcuno sostiene che «I òman iè cumé i spaghetti: püssée iè cott, püssée i tàca inséma»; più sono innamorati più sono appiccicosi), non mancò di suscitare dei sentimenti xenofobi. La nostra popolazione non seppe considerare la situazione precaria dei lavoratori, privi del permesso di dimora, sradicati dalle proprie culture, costretti ad acquistare generi alimentari di qualità scadente e a prezzi superiori nei magazzini dell’Impresa. Le tensioni sfociarono in esplosioni «fortuite» di mine nella galleria del Gottardo e risse sui cantieri e nelle osterie che sollecitarono perfino l’intervento della truppa. I numerosi scioperi degli operai - tra i tanti quello del 1880 sul tronco ferroviario fra Massagno e Cadempino - avevano l’evidente scopo di rivendicare un miglioramento delle condizioni economiche e una maggiore sicurezza sui cantieri. La preoccupazione delle imprese di far procedere i lavori con la massima celerità, anche a scapito della sicurezza, provocò numerosi incidenti.
Il cospicuo numero di ricoverati nell’Ospedale Santa Maria di Lugano suscitò la preoccupazione di non più poter provvedere «al sostentamento di quelli operai occupati nella costruzione della ferrovia del Gottardo che per accidenti straordinari o per malattia si trovassero nel bisogno di doverne usufruire». Il capo sezione della Ferrovia di Lugano arrivò perfino a notificare alle autorità che «a datare dal 1 giugno 1874 gli operai addetti ai lavori della ferrovia che venissero affetti da malattie veneree non saranno ammessi al beneficio della cura a spese della Cassa di Soccorso». Da notare che nello stesso anno erano riconosciute a Lugano ben tre case di tolleranza «ufficiali»: quella di Tajana Marietta, quella di Giocondo Cometti e quella di Pietro Caprini che a intervalli regolari veniva denunciato dai vicini a causa dei continui disturbi notturni provocati dagli avventori, in parte lavoratori della ferrovia. Il risultato fu un aumento della delinquenza riguardo all’ordine e alla moralità pubblica. Nel 1880 in Ticino si registrò un forte aumento della criminalità: su 880 detenuti, 707 erano forestieri.
Ferrovia, aziende e alberghi
Nonostante i numerosi inconvenienti, nel dicembre 1874 furono inaugurate le tratte ferroviarie Chiasso-Lugano e Biasca-Bellinzona e il 20 dello stesso mese la Bellinzona-Locarno. L’arrivo della ferrovia suscitò grandi aspettative nel Cantone, tante speranze nello sviluppo economico che presto si rivelò molto fragile e ridotto solo ad alcune attività del terziario.
A Lugano la crescita industriale interessò soprattutto le aziende alimentari con il pastificio Primavesi e il nuovo Molino Bernasconi di Pregassona; della cioccolata con la Compagnie Suisse pour la «Fabbrication des chocolats et cacaos» (1905) e la «Chocolat Stella», sorta nel 1922. Nel 1903 sorse la fabbrica di sigarette Quadri, divenuta poi «Orienta». Nel medesimo anno aprì la ditta Burger Kehl con un importante laboratorio di abbigliamento che affiancava le industrie cittadine dei cappelli, della biancheria e della confezione da uomo. Ma presto le grandi attese riposte nello sviluppo dell’agricoltura e dell’industria si rivelarono illusorie.
Nel 1885 l’avvocato Antonio Battaglini illustrò con grande lungimiranza, in un articolo intitolato «Lugano nuova», la situazione: «…per la strettoia creata dai confini doganali da una parte (Italia), dall’altra (Svizzera Interna) le schiaccianti tariffe di trasporto sulla linea del Gottardo, poi la deficienza di forze idrauliche, Lugano deve rinunciare ad un avvenire industriale. L’unica industria possibile è quella di sfruttare il nostro incantevole bacino come soggiorno dei forastieri». E sviluppo turistico fu. Con la costruzione – nel decennio 1880-1890 – dei primi grandi alberghi: dal Panorama di Paradiso, all’Hôtel Splendide e poi, in collina, all’Albergo del Gottardo. Contemporaneamente si idearono i tracciati delle funicolari e delle ferrovie a scartamento ridotto. Dapprima la Piazza Cioccaro-Stazione (1886) per servire i viaggiatori della Gotthard.
Tell tra gli stracci delle lavandaie
La scelta di privilegiare il turismo implicò un cambiamento di mentalità nei cittadini. Il lago - che prima della costruzione del «quai» arrivava a lambire le case della via Nassa - era utilizzato quasi esclusivamente per la pesca e come via di comunicazione. I luganesi, nei giorni festivi, lo evitavano paventando malattie e reumatismi. Con grande sorpresa, il primo direttore dell’Albergo del Parco, Alexander Béha, osservò che le case «voltavano la schiena» al Ceresio, quasi a ignorarlo. Propose di valorizzare il lungolago.
Iniziativa poi realizzata a partire dal 1872. Per la verità, l’acqua del lago era utilizzata anche in un altro modo, apertamente osteggiato dal ricco milanese Giacomo Ciani, proprietario dell’appena edificato Albergo del Parco (poi Palace Hôtel). Nel 1855 il Ciani – membro del Gran Consiglio – indirizzò al Municipio di Lugano una risoluta missiva per sollecitarlo a vietare alle lavandaie di stendere i panni appena lavati nella piazza adiacente il lussuoso albergo «…se no sarei costretto, mio malgrado, a sospendere qualunque altro abbellimento, fra cui quello della statua di Tell, che lo scultore Vela sta lavorando per la fontana. La statua oggi è situata di fronte al Kursaal della città.
«Le SS.LL saranno del mio avviso – concludeva Giacomo Ciani – che un Tell in mezzo agli stracci delle lavandaie è cosa che non può andare».