Una sciagura che colpisce tutto il Ticino si verifica a Bodio il 21 luglio 1921: un’esplosione nella fabbrica Nitrum, che produce concimi chimici, causa morti, feriti e danni per 6 milioni di franchi. L’esplosione, le cui cause sembrano essere l’imprudenza e l’eccezionale caldo, avviene verso le 5 del pomeriggio e i quotidiani escono il giorno dopo, 22 luglio, con resoconti che i cronisti redigono come se fossero in diretta alla radio o alla televisione.
Il corrispondente del Corriere del Ticino scrive da Bodio alle cinque e un quarto del pomeriggio: «Uno spaventoso disastro è avvenuto qualche momento fa nelle officine Nitrum che sono state completamente rase al suolo da una terribile esplosione. La notizia dell’esplosione di Bodio comunicataci telefonicamente dal signor Cesare Ferrari, segretario capo dell’Azienda della Verzasca, pochi minuti prima delle cinque del pomeriggio di ieri, ci indusse a domandare altre informazioni direttamente da Bodio. Il signor Ferrari volle spingere la sua cortesia sino a darci posto nella sua automobile e alle sei e mezzo siamo partiti da Lugano alla volta del paese devastato dall’esplosione. Davanti all’ospedale di San Giovanni a Bellinzona un doppio cordone di pubblico attendeva l’arrivo dei primi feriti, trasportati a mezzo di automobili e col treno operaio in partenza da Bodio alle 6 pomeridiane sul quale erano stati deposti sei feriti».
Libera Stampa esce il 23 luglio con un servizio dell’inviato speciale dal titolo «Il terribile disastro di Bodio, 16 morti, una cinquantina di feriti, danni incalcolabili». Leggiamo che «i danni si fanno salire a 5 o 6 milioni, ma certo questa cifra deve essere inferiore alla realtà. Senza tener conto delle vite umane che nessuno può rifondere. Le povere famiglie dei morti fanno compassione. Sono bambini che piangono il loro padre, donne che invocano il loro marito, sorelle che cercano il loro fratello. Dopo quasi 10 ore di girovagare fra le macerie mi decido ad allontanarmi. Salgo sopra un camion che viene verso Biasca e attraversando Biasca sono salutato dalle note allegre di un verticale, mentre all’interno di un’osteria vedo qualche coppia che danza. A Bodio la morte, il dolore, qui il divertimento. È la vita. Fatta di contrasti».
I soccorsi si mettono in moto anche da Lugano, come leggiamo sul Corriere del Ticino del 23 luglio: «Sempre pronta a tutti gli appelli, la nostra Croce Verde, già alle prime voci d’allarme aveva adunato quanti più militi poteva all’Ambulanza di Piazza Indipendenza. Tre grosse automobili requisite in Piazza furono tosto cariche di tutto il materiale da campo: medicinali, bende, portantine, strumenti di salvataggio, ecc, pronte a partire al primo cenno. Ma una telefonata da Bodio, verso le sette, disarmò alquanto lo slancio dei nostri sanitari inducendoli a rinunciare per il momento all’opera loro di altruismo e di abnegazione».
I funerali delle vittime si svolgono il 24 luglio. Libera Stampa scrive che «da tutte le parti del Cantone la popolazione era accorsa per tributare il suo cordoglio alle salme straziate dall’immane sciagura». E da tutto il Cantone parte la solidarietà per i colpiti dal disastro. L’aiuto urgente, volonteroso alle famiglie delle vittime viene chiesto da più parti. Sulla stessa pagina del quotidiano socialista leggiamo che «la Camera del Lavoro, Libera Stampa e la Federazione Svizzera dei metallurgici ed orologiai aprono quindi su queste colonne una pubblica sottoscrizione invitando tutti gli operai a dare quanto possono a pro di questi infelici». Il Consiglio di Stato nomina una commissione per il preavviso sul riparto delle oblazioni raccolte.
Foto: Le macerie e i soccorsi dopo la terribile esplosione.
Plinio Grossi, «Il Ticino dei ’20», Fontana Edizioni, 1996