Franco Della Chiesa (1919-2012) ha illustrato pagine interessanti della storia del ciclismo ticinese negli anni 1947-1949. Fisico atletico, bene impostato in bicicletta (la verde Cilo, che lo ha accompagnato lungo la carriera), ha scoperto lo sport del pedale in età non più giovanissima. Nato il 1° ottobre 1919, ha cominciato a pigiare sui pedali ventottenne, dopo aver abbandonato il panchetto da calzolaio che condivideva con il fratello Bruno, pure lui corridore ciclista, prima di dedicarsi al motociclismo agonistico. Non tardò, l'aitante Franco, nato e cresciuto in una casa affacciata sul Cassarate, a scoprire il fascino delle corse e pure l'ebbrezza del successo. Si era avventato come una volpe nel razzolante pollaio presidiato dai più giovani e agguerriti... galletti di un ciclismo ticinese poderoso e vitale. Si chiamavano Emilio Croci Torti, Remo Pianezzi, Giovanni Rossi, Cesare Zuretti, Carlo Lafranchi, quest'ultimo calato dal canton Uri per rivendicare uno spazio e onori nella sua terra d'origine. Per non dire di Kübler, Koblet, Schaer, Plattner, Sommer, primattori di un ciclismo elvetico con cui ebbe a condividere fatiche e gloria negli anni del professionismo. Nel 1947, al suo esordio con la maglia del Velo club Lugano, Della Chiesa trionfò nel campionato ticinese, lasciando alle spalle i citati galletti. Un titolo suggellato con la vittoria nell'ultima gara – a cronometro – dopo averlo propiziato con il successo, in azione solitaria, nella classica dei «quattro distretti», organizzata dal Vc Bellinzona.
Quell'anno Della Chiesa ottenne un lusinghiero sesto posto nel Giro del Ticino, prova internazionale indetta dalla Sport Lugano e vinta dall'astro nascente elvetico Hans Sommer. Tra i professionisti, Franco Della Chiesa trovò accoglienza nello squadrone losannese della Cilo, capeggiato da Kübler e, in un secondo tempo, da Koblet. Non sembrava vero al neo professionista luganese, che peraltro non aveva mai rinunciato al proposito di fare del ciclismo una professione. A carriera conclusa, lo incontravo in sella alla sua motoleggera, con la cesta di vimini colma di trote e persici, frutto di una riscoperta passione per il più placido sport della pesca. Questa affrettata stesura della carriera di Franco Della Chiesa vuole essere il riconoscimento postumo a un luganese che ha percorso le strade di uno sport a cui aveva dato molto ma che, bisogna pur dirlo, non gli era stato riconoscente. Fu uno splendido interprete di una disciplina avara di allori ma onorata con impegno e generosità, pur senza grandi successi.
Claudio Bertarelli