Sul mio biglietto da visita avevo stampato sia il numero di telefono del negozio, sia quello di casa. Desideravo che le spose si sentissero sicure di potermi raggiungere in qualsiasi momento, in caso di necessità.
Un sabato mattina, prima delle sette, ha suonato il telefono di casa. Ancora nel sonno, senza alzarmi dal letto, ho allungato il braccio, preso la cornetta e risposto. Una voce agitata, tra un singhiozzo e l’altro, cercava di parlarmi.
«Signora Fedeli, l’abito non c’è più, non riusciamo a trovarlo, mi aiuti!»
Si trattava di una giovane sposa, il cui matrimonio era fissato proprio quel sabato mattina. Lei e lo sposo abitavano in Svizzera interna, ma siccome tutti i parenti erano in Ticino, i due avevano deciso di sposarsi a Lugano, in Cattedrale, per non far spostare gli invitati. Lei aveva preferito acquistare il vestito da sposa direttamente a Lugano, per non rischiare di sciuparlo nel trasporto da oltralpe. Era passata in negozio venerdì pomeriggio a ritirarlo: un bell’abitino elegante, con due fasce laterali di pizzo bianco. L’aveva scelto quattro mesi prima ed era venuta in Ticino più volte per provarlo e fare piccole modifiche. Tutto era pronto e, come sempre, in negozio avevamo preparato l’abito per la consegna, sistemandolo in una grande scatola di cartone bianco leggerissimo, tra diversi strati di carta velina, per mantenere il tessuto vaporoso e senza pieghe. Mi sono raccomandata con la sposa:
«Appena arriva a casa, lo tolga dalla scatola e lo appenda bello aperto fino a domani!»
Tra l’altro, in quei due giorni gli sposi erano alloggiati in uno degli hotel di lusso sul lungolago, visto che non avevano un’abitazione in zona.
Mi sono seduta sul letto, confusa, senza riuscire a spiegarmi la situazione. Dopo diversi attimi di titubanza, mi sono decisa a chiedere:
«Cosa è successo all’abito?»
La sposina ha iniziato a raccontare piangendo che la sera prima aveva appeso il vestito sul balcone dell’hotel e, durante la notte, il temporale l’aveva portato via. Lei si era accorta solo al mattino presto; era scesa in strada a cercarlo, ma niente! Il personale dell’hotel, saputo l’accaduto, si era precipitato ad aiutare controllando ovunque: sugli altri balconi, nel piccolo giardino, per le vie intorno al palazzo… L’abito era scomparso! In ogni caso, in che stato poteva essere un abito trasportato di notte dal vento in mezzo alla pioggia, trascinato su muri, alberi, macchine…? Magari era addirittura finito nel lago!
Per l’appunto quella notte si era abbattuta su tutta la regione una specie di tempesta imprevista, procurando diversi danni. La sposa era letteralmente sotto choc. Non mi era mai capitata una cosa del genere! Non potevo fare altro che correre in negozio e trovare subito un altro vestito, in modo che il matrimonio potesse svolgersi quella stessa mattina, come stabilito. Nel giro di mezz’ora, senza neanche prendere un caffè, mi trovavo in laboratorio con la giovane disperata, alla ricerca di una soluzione. Naturalmente, non avevamo a disposizione un altro esemplare dello stesso modello, perché in linea di massima noi lavoravamo con tagli esclusivi. Fortunatamente, però, si trattava di una bella ragazza, molto ben formata: alta, magra, con misure da modella. Dunque poteva tranquillamente scegliere uno qualunque dei vestiti che avevamo in stock e indossarlo subito dopo, senza dover fare aggiustamenti. In quattro e quattr’otto ha trovato un abitino perfetto per lei. Le stava a pennello! Non ci ha pensato due volte: lo ha preso e lo ha pagato subito, forse per scaramanzia, chiedendo informazioni a me sulla possibilità di un rimborso da parte dell’assicurazione. Non le ho risposto ma ho voluto farle un’ultima domanda:
«Tutto è bene quel che finisce bene! Ora vada di corsa e tanti auguri per questo importante giorno! Mi faccia poi sapere com’è andata! Una sola domanda: perché ha appeso l’abito in balcone?»
«Perché lo sposo non doveva vederlo!»