Riuscite ad immaginare cosa significhi avere cinque figlie, tutte vicine per età, che per una serie di circostanze si sposano a pochi mesi di distanza l’una dall’altra? È successo a una signora di un paesotto di confine. Nel giro di tre anni l’ho vista arrivare in negozio cinque volte.
Nella prima occasione, si è presentata con la figlia di turno sottobraccio, e le altre quattro a fare da corolla. Era più emozionata della ragazza; si guardava attorno, ammirando tutto quello che vedeva. Tastava delicatamente i tessuti dei vestiti, indicava alla figlia una corona di fiori, un velo corto per sposine spigliate, insomma si divertiva come se fosse lei a doversi sposare. Il mio piccolo negozio non era mai stato tanto affollato, così ho invitato la madre a sedersi sulla nostra unica poltroncina e ho chiesto alle quattro figlie accompagnatrici di farsi da parte e lasciare un po’ di spazio centrale, in modo che la sposina potesse individuare e provare gli abiti con un certo agio. Non sto a raccontarvi la confusione generale nella quale la ragazza, a sua volta agitata, ha scelto l’abito, l’acconciatura, le scarpe e gli altri accessori. Dopo più di tre ore la comitiva è finalmente uscita dal negozio, nella rumorosa eccitazione per gli acquisti appena fatti. Io ho dovuto prepararmi un caffè e mangiare un paio di truffles per riprendere le forze. In negozio avevo sempre qualche bella scatola di cioccolatini, regalatami dalle spose al rientro dal viaggio di nozze, in segno di ringraziamento.
Dopo qualche mese, la signora è tornata da me, questa volta solo con due figlie: la seconda ragazza da sposare e la sorella più giovane, che tra l’altro non sembrava particolarmente interessata alla faccenda. Ero sorpresa, ma anche contenta, di rivedere quella famiglia dopo così poco tempo. La madre ha subito individuato i modelli appena arrivati, che non erano ancora disponibili la volta precedente. Anche in questo caso ho indicato alla signora la nostra poltroncina, in modo da accelerare l’inizio della scelta del vestito. Devo dire che con la seconda figlia è stato tutto più semplice.
Anche le figlie numero tre e quattro, venute in negozio con la madre successivamente, a distanza di pochi mesi una dall’altra, non hanno creato problemi: hanno provato alcuni modelli e poi deciso senza esitazioni quale abito indossare al loro matrimonio. Io ero davvero incredula, perché non mi era mai capitato un caso di nozze multiple nella stessa famiglia come quello. La madre, invece, era un po’ meno entusiasta rispetto all’inizio e probabilmente cominciava ad accusare una leggera stanchezza. Ha dato il suo totale assenso alle scelte fatte con un sorriso un po’ tirato; diciamo che in realtà per lei andava bene tutto.
Quando la signora è tornata in negozio per la quinta volta, dopo pochi mesi, con l’ultima figlia da sposare, mi sembrava una farsa. Senza che io dicessi nulla, si è diretta subito verso la poltroncina, si è seduta e ha messo la testa tra le mani. La ragazza era poco interessata agli abiti da sposa e non riusciva a trovare nulla che le piacesse. Ho provato anche a proporre l’idea di fare un abito esclusivo su misura, ma la madre ha reagito subito con un secco no: anche l’ultima figlia doveva scegliere un abito di quelli in esposizione, senza fare troppe storie. La giovane donna alla fine ha selezionato due abiti molto diversi tra loro. Per la madre erano «bellissimi» entrambi. Bastava che si decidesse. Invece la sposina sembrava proprio non arrivare a una soluzione. Era piuttosto scontenta e poco convinta. Così la madre ha tagliato corto.
«Prendiamoli tutt’e due!»
Io sono rimasta un attimo disorientata; non capivo se la signora stesse scherzando, ma non mi sembrava proprio. Infatti, avevo capito bene. La decisione finale era di prendere entrambi gli abiti, pur di concludere quel pomeriggio di sofferenza.
A qualche giorno dal termine dell’ultima cerimonia, la madre è venuta a trovarmi, da sola. Sembrava distrutta. Prima di tutto mi ha raccontato che, alla fine, la quinta figlia ha indossato entrambi gli abiti: quello più ricco ed elaborato in chiesa, e quello più semplice al ristorante, in modo da poter ballare comodamente al termine della festa. Poi la signora ha aggiunto un piccolo sfogo.
«Sa cosa significa organizzare cinque matrimoni, trovarsi cinque volte nella stessa chiesa, sentire cinque prediche dello stesso prete, andare nello stesso ristorante con gli stessi parenti e ospiti…? Sono stufa, non ne posso più!»
E poi, indicando la poltroncina nella saletta prove:
«Mi permetta, ma quella sedia non la voglio più vedere per tutta la vita!»