Quando ho avviato il negozio di abiti da sposa, ho abbandonato quasi tutte le precedenti clienti di sartoria per dedicarmi principalmente ai vestiti nuziali e da cerimonia. Ho continuato a servire solo un paio di signore, a titolo eccezionale, un po’ per l’affetto creatosi negli anni, un po’ perché queste clienti di vecchia data non accettavano l’idea di trovarsi un’altra sarta.
Un giorno, una di queste mie clienti è arrivata in negozio con la figlia, il cui matrimonio era previsto un paio di mesi più tardi. Era una signora molto fine e gentile, di bell’aspetto e sempre molto elegante. Con grande piacere mi sono fatta in quattro per accontentare la figlia in ogni dettaglio. La giovane ragazza ha scelto un abito di chiffon, morbido e vaporoso.
Una volta soddisfatta la sposina, la madre mi ha comunicato che avrebbe voluto che preparassi anche a lei un abito per la cerimonia e, se possibile, un tailleur per il ricevimento successivo. Lei aveva già in mente i due modelli; li aveva individuati sfogliando riviste di moda, come faceva abitualmente. Ho risposto che avrei cercato le stoffe originali, entrambe sete di prima qualità, e preparato il tutto senza problemi. Sapevo esattamente a chi rivolgermi, perché dopo cinquant’anni di haute couture avevo contatti diretti con tutti i produttori e rivenditori di stoffe delle grandi firme. Inoltre potevo tranquillamente tagliare e cucire i due abiti, sulla base delle misure personali della signora che avevo già nel mio archivio e dell’esperienza maturata in centinaia di abiti. Sarebbe bastata una prova pochi giorni prima del matrimonio, per gli ultimi aggiustamenti.
Come d’accordo, la signora mi ha chiamata una settimana prima delle nozze della figlia. Con mia sorpresa mi ha comunicato di aver avuto nel frattempo qualche problema di salute e di trovarsi in quei giorni in ospedale. Desiderava che io mi recassi dove era ricoverata, per la prova dei due abiti.
Ho sempre fatto qualsiasi cosa per le mie clienti, dunque ho raggiunto la signora in ospedale e le ho provato i vestiti direttamente nella sua camera. A dire il vero l’ho trovata parecchio dimagrita e ho dovuto stringere gli abiti in diversi punti. Siamo rimaste d’accordo che avrei fatto le correzioni al volo e le avrei riportato gli abiti in ospedale il giorno dopo.
L’indomani, quando sono tornata per la consegna definitiva, non mi sono fermata alla reception, perché sapevo già dove si trovava la stanza. Arrivata davanti alla porta socchiusa della camera, ho intravisto che la mia cliente non c’era. Senza entrare, ho domandato a un’infermiera dove potevo trovare la signora. La risposta mi ha lasciata di sasso: la signora era mancata nella notte.
Presa da un grande dispiacere, sono rimasta con i due abiti in mano, pensando al da farsi. Sicuramente la figlia avrebbe rimandato il matrimonio.
Tornata in negozio, ho chiamato la sposa per porgere le mie condoglianze e dirle di non preoccuparsi per i vestiti della mamma e per il suo abito da sposa: poteva con calma farmi sapere più avanti come intendeva procedere. La ragazza era affranta e disperata; gentilissima, si è scusata di non avermi avvisata, ma in mezzo a tutto…
«Comunque il matrimonio avrà luogo come previsto. È il volere di mia madre. In punto di morte la mamma mi ha fatto promettere di non rimandare!»
La giovane mi ha poi chiesto di occuparmi personalmente della sua vestizione, la mattina del matrimonio, raggiungendola a casa sua con l’abito e il resto. Naturalmente ho acconsentito subito.
Ho un ricordo tristissimo di quella mattina, forse il più angosciante di tutta la mia lunga carriera di sarta. La sposa non faceva altro che piangere. Si infilava una calza e poi si buttava sul letto, inconsolabile. Dopo qualche minuto, riprendeva a vestirsi e subito rinunciava di nuovo, soffocata dai singhiozzi. Non riuscivo a trovare parole di conforto. Io stessa facevo fatica a trattenere le lacrime. Doversi sposare il giorno dopo il funerale della mamma è una cosa terribile.
Alla fine, anche se con più di un’ora di ritardo, la sposa era pronta. Non posso immaginare come sia andata la giornata. Non ho mai osato chiedere.
Gli abiti della mamma sono stati ritirati una settimana più tardi da una parente, che probabilmente li ha tenuti per sé, adattandoli.