Adriano Morandi si è spento all’età di 81 anni. La moglie Margherita e il figlio Daniele l’hanno assistito con amore e delicatezza e gli sono stati vicini sostenendolo e accompagnandolo quando le forze sono venute meno. Ai funerali, celebrati martedì nella «sua» Camignolo, una folla silenziosa e commossa l’ha accompagnato nell’ultimo viaggio.
È una perdita per tante persone che l’hanno incontrato e conosciuto nel corso di una vita operosa e impegnata, trascorsa nel segno dell’apertura e della disponibilità. Adriano c’era sempre, per tutti, con discrezione e modestia.
Uomo di scuola, ha insegnato al ginnasio di Bellinzona e Giubiasco (di cui è stato vice direttore), in seguito alla scuola media di Camignolo, dapprima nel ruolo di direttore (il primo dell’istituto inaugurato nel 1978) poi come docente di storia, geografia e italiano, fino al pensionamento. Preferiva la vivacità delle aule alle gravose cariche istituzionali.
Tuttavia di Camignolo è stato anche sindaco, dal 1972 al 1976, e consigliere comunale per un ventennio. Dal 1990 al 2003 ha svolto la funzione di segretario del Patriziato, convinto che i beni e le tradizioni locali andassero preservati e rivalutati. Dopo aver giocato a calcio, si è dedicato alla corsa partecipando fino in tarda età a diverse gare, in pista, su strada e in montagna. Tanti giovani alle prime armi sono cresciuti grazie ai suoi preziosi insegnamenti.
Quella del maestro era in effetti una missione più che una professione, svolta con entusiasmo, passione e creatività. Con lo stesso spirito, ha partecipato alle colonie estive organizzate a Prato Leventina da don Mario Pontarolo. Si è pure impegnato nell’attività missionaria svolgendo lavori estivi in Madagascar, Venezuela, Perù, Uganda e Ciad. Per tutti una buona parola, un gesto affettuoso, ma soprattutto una presenza costante e concreta.
Partecipe alla vita del Paese e della comunità, nel momento in cui lasciava le aule scolastiche si è riavvicinato a una professione esercitata in gioventù nelle redazioni di Popolo e Libertà e del Giornale del Popolo, affiancando alla Rivista di Lugano l’allora direttore Raimondo Locatelli. Adriano Morandi si è subito trovato a proprio agio con il giornalismo di prossimità e lo stile popolare del nostro settimanale, occupandosi con rigore esemplare sia dell’attualità spicciola sia di interviste e servizi di approfondimento. Gli studi in storia e letteratura italiana all’università di Friburgo e la straordinaria conoscenza del territorio, l’hanno ispirato e agevolato nello sviluppo e nella contestualizzazione dei temi, offrendo sulle pagine della Rivista di Lugano spunti di lettura di spessore e interesse.
Ha trascorso intere giornate sui libri e negli archivi per scovare o verificare informazioni, date, nomi, aneddoti: un accurato lavoro di ricerca, che ha costituito un prezioso valore aggiunto per le pubblicazioni cui si è dedicato. Ha infatti partecipato alla stesura di diversi libri, tra i quali «Terre di Carvina», curato con Giuseppe Chiesi, Fernando Zappa e altri collaboratori locali, e «L’alto Vedeggio ieri e oggi», con Raimondo Locatelli, edito dalla Rivista di Lugano.
Con il nostro settimanale ha continuato a collaborare a lungo, procurando alla redazione sia preziose notizie di vita di paese sia servizi più articolati, frutto delle sue ricerche ed esperienze. Nel 2013, per i 75 anni della Rivista di Lugano ne aveva ricostruito la storia: un lavoro minuzioso e faticoso fatto con la sua riconosciuta precisione e professionalità e soprattutto con il cuore. I suoi orizzonti andavano oltre le questioni locali, tuttavia aveva per il territorio cui apparteneva, e in particolare per la sua Carvina, un occhio di riguardo e benevolo.
Con lui si stabiliva in modo del tutto spontaneo e naturale un rapporto di fiducia e amicizia.
Difficilmente muoveva critiche, si lamentava o si permetteva osservazioni sopra le righe. Adriano tendeva anzi a evidenziare i lati positivi e le virtù, atteggiamento che ne ha fatto un ottimo insegnante, tuttora ricordato con stima e affetto dagli ex allievi, un collega capace e competente, un collaboratore valido e un amico su cui poter sempre contare.
La sua casa era aperta e assieme alla moglie Margherita – pure lei docente e attiva su più fronti in campo sociale e culturale – ha accolto una moltitudine di persone, che nella frazione di Camignolo di fuori hanno trovato il calore dell’amicizia e il conforto dell’aiuto. «Aveva un cuore grande e accoglieva tutti, vicini e gente sconosciuta, con il sorriso e una parola gentile». Così l’ha ricordato una persona cara e sensibile rimasta vicina ad Adriano e ai suoi familiari anche quando la malattia lo aveva indebolito. Parole sincere che facciamo nostre in un momento in cui i sentimenti di dolore e tristezza ci pervadono.
Più che un collega, Adriano è stato per noi un amico. Il suo sorriso e la sua gentilezza non abbandoneranno mai la nostra redazione.