Le «Vie di Damasco» esistono ancora e, a insaputa quasi generale dell’opinione pubblica, distratta dalle altre notizie che dominano le cronache, sono in molti a percorrerle. È accaduto anche a Tiziana Bruni e la sua Damasco è stata sulla strada della sua Bari verso Terlizzi, dove pulsa il cuore di Betania, l’intuizione della Fraternità mista tradotta in Case di accoglienza per chi vuole fare rifornimento di spiritualità.
Tiziana, giovane brillante con laurea in architettura, conduceva la sua vita al modo dei coetanei, lei è della classe 1973; quindi amicizie, divertimento, tutto il copione del presente. Suona il piano e l’arpa, ha un fisico da sportiva. Insomma, una carriera professionale e non solo, spalancata davanti a sé, con il fratello che l’avrebbe voluta come matita creativa della sua attività imprenditoriale.
Ma se non si possono fare i conti senza l’oste, men che meno si possono fare con Dio e i suoi disegni. «Fu un combattimento serrato», confessa oggi a Rovio, dove da tre anni si trova come guida delle sei consorelle di Casa Betania, insieme con tre sacerdoti e un frate semplice. Quando si arriva a un bivio di vita, spesso con una famiglia che si aspetta altro dai figli, è arduo decidere da che parte andare.
Il confronto si è protratto nei termini che si possono immaginare: la «conversione» è avvenuta nel 1996 e il 25 dicembre del 2005 l’entrata in Fraternità. Accolta per fare accoglienza. Un cammino di 17 anni con la letizia francescana di chi sente di aver centrato la finalità della propria esistenza.
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