di Giuseppe Zois
Riportiamo indietro l’orologio di 27 anni e facciamo partire la moviola sulla lunga avventura – che continua feconda – di Gabriella Caldelari in terra d’Africa, con la nascita di Insieme per la Pace. Il racconto è della stessa protagonista in un mite crepuscolo settembrino a Tesserete, con i Denti della Vecchia sullo sfondo.
«Lavoravo al Don Orione di Lopagno come educatrice. Nel 1994 resto sconvolta dalle notizie e dalle immagini del genocidio scoppiato la sera del 6 aprile che ha insanguinato il Ruanda, con oltre 1 milione di morti tra tutsi e hutu, molti dei quali sterminati a colpi di machete, spranghe e coltelli. Dico a me stessa che debbo partire e tutti mi chiedono se sono matta. Non m’importa. In un servizio alla tv vedo Maria Pia Fanfani – moglie del politico italiano Amintore – che lascia quel martoriato Paese con una cinquantina di bambini orfani. Le scrivo subito: se serve una mano sono a sua disposizione. Mi risponde che vorrebbe ripartire, ma non trova nessuno che l’accompagni e se volessi farlo, sarei la benvenuta. Si parte. Per disguidi vari, arriviamo di notte e siamo costrette a entrare a piedi dall’Uganda. È una notte che non dimenticherò mai, sotto un cielo stellatissimo, accompagnate fino al confine con il Ruanda da un autista e dalla guardia del corpo del presidente ugandese Yoweri Museveni. Ci mettiamo nelle mani delle Forze patriottiche ruandesi, il cui generale è l’attuale presidente del Paese, Paul Kagame. Riusciamo a portare in Italia più di cento ragazzi: le autorità svizzere alzano invece un mare di difficoltà, per cui desistiamo».
Aiuti per 17 milioni!
Parte un percorso che si allunga nell’esteso territorio della solidarietà, mirata, da una cabina di regia in Val Colla che tiene un attento controllo, punteggiato da diversi viaggi in Ruanda, frenati solo dal Covid. In questi ultimi venti mesi Gabriella vi ha fatto rotta una sola volta, prima che scattasse l’emergenza planetaria, all’inizio del 2020. C’è stata una fioritura di iniziative, progetti, opere, il tutto orientato alla promozione sociale, che s’è dispiegata in oltre mille adozioni a distanza, creazione di foyer per scongiurare il rischio di finire in orfanotrofio, mestieri, pozzi per la captazione d’acqua potabile, scuole, che sono il primo laboratorio di futuro, autonomia e dignità.
Da quando è sorta, Insieme per la Pace è riuscita a convogliare dal Ticino al Ruanda un fiume di aiuti quantificabili in quasi 17 milioni di franchi.
L’associazione può contare su oltre 350 soci (quota base annua di 50 franchi) e fin qui è riuscita a fronteggiare le richieste di aiuto e il sostegno a progetti di riconosciuta necessità, come ad esempio gli impianti per portare acqua nella savana.
Toccante il riepilogo di vita fatto da Gabriella. «Io da ragazza sognavo di ritirarmi nella casa della nonna in Val Colla e diventare una mezza eremita. Si vede che non era questo il mio destino. Non tralascio comunque l’introspezione e il lavoro su me stessa, che non finisce mai. Penso di essere riuscita a dedicarmi agli altri, senza trascurarmi. Quello che ho potuto fare, l’ho fatto. E penso che se qualcuno stasera laggiù va a letto un po’ più contento, devo essere contenta anch’io».
Pane, acqua e scuola sono gli storici campi d’azione
Quale il bilancio di 27 anni di attività e su quali priorità si concentrano gli aiuti di Insieme per la Pace?
«Le attività che abbiamo avviato stanno tutte funzionando al meglio e sono in crescita. Abbiamo messo a punto un’organizzazione molto efficiente e snella. Laggiù, per i progetti su un territorio di oltre 20mila abitanti, abbiamo come responsabile la presidente dell’associazione delle vedove Dushyigikirane. Per finanziarsi, le popolazioni che aiutiamo creano borse, borsoni, cesti, ricami che poi vendono ai mercatini. Sono prodotti creativi, originali e incontrano successo anche sulle bancarelle ticinesi che organizziamo per raccogliere un po’ di fondi. Un’intuizione provvidenziale è stata – 25 anni fa – l’apertura di una panetteria a Rutongo, avvalendoci della collaborazione della Società mastri panettieri-pasticcieri-confettieri del Canton Ticino e in particolare di Nereo Cambrosio, che scese nel Ruanda. Il forno e la panetteria sono gestiti da una quindicina di donne. Qui la gente è molto povera e il costo del pane è tenuto basso. Tutti i giorni, in motocicletta, lo si porta in numerosi piccoli villaggi».
Dal vostro esordio puntate sull’istruzione…
«Coerentemente con questo storico impegno, nel 2020 abbiamo inaugurato una scuola realizzata con Dushyigikirane, puntando su classi meno numerose per seguire meglio gli allievi, ai quali forniamo materiale didattico, computer, una biblioteca. Siccome parecchi ragazzi vengono da lontano, da quest’anno abbiamo introdotto un refettorio per fornire almeno un adeguato pasto a mezzogiorno e uno spuntino a metà mattina».
Nell’estesa costellazione delle vostre iniziative rientra la Itetero Nursey and Primary School. Vogliamo presentarla?
«È un istituto dove i bambini sono seguiti in maniera marcata ed è accessibile pure a piccoli andicappati. La maggior parte degli scolari è orfana, a carico di nonni e bisnonni, perlopiù analfabeti. Non solo istruzione: anche in questo caso garantiamo alimentazione (panini, merende e mensa)».
Da quel che si legge, il Ruanda è un Paese con contrasti stridenti…
«Vero. Ecco un esempio. La cassa malati è obbligatoria, costa 5 franchi e copre tutto l’anno. Per 300-400 persone indigenti provvede l’associazione. Il paradosso sta nel fatto che, in una città, con 3 franchi si riesce a stento a bere due caffè al bar. A 120 anziani bisognosi diamo ogni mese una piccola somma che per loro è manna; se hanno orfani a carico aumentiamo la cifra di questo dono che considerano una sorta di pensione. Una volta all’anno la distribuzione avviene a Rutongo, nella nostra sede. I beneficiari arrivano da villaggi lontani, partendo quando è ancora notte e percorrendo ripidi sentieri tra bananeti e campi di fagioli e patate. Al termine della consegna degli aiuti, c’è il rito della foto di gruppo. Durante l’anno le volontarie portano invece la “pensione” direttamente a casa».
Sul fronte della pandemia come va la situazione?
«Le vaccinazioni hanno seguito una procedura ben precisa: prima tutto il personale che lavora nella sanità, poi chi è a contatto con tanta gente (insegnanti, autisti di bus e taxi compresi), quindi gli anziani e così di seguito. Efficiente e capillare, in barba a certi luoghi comuni, la distribuzione raggiunge tutti gli angoli più sperduti».
Altra emergenza atavica, non solo ruandese, è l’acqua…
«Dal 2010 abbiamo piazzato 79 pompe con un investimento di 2,7 milioni di franchi. La captazione dell’acqua potabile avviene a 100-120 metri di profondità con scavi di non poco conto. La geografia dei pozzi è concordata con le autorità locali. Insieme per la Pace copre il costo, poi li affida agli amministratori del territorio che a loro volta chiamano in causa la popolazione. Questa forma un comitato di dieci persone per la gestione e vengono individuati due responsabili. Chi può, contribuisce con una quota minima – l’equivalente di 50 centesimi al mese – per il funzionamento. Con i soldi raccolti si pagano i due responsabili e si fanno accantonamenti per eventuali riparazioni. Ogni pompa serve 2.500- 3mila persone e il governo effettua controlli regolari sulla qualità dell’acqua».
Ammirevole lo sforzo, sin dalla prima ora, di Insieme per la Pace per il rispetto dell’identità, della cultura e delle tradizioni locali… «È meglio che la popolazione medesima si sensibilizzi e metta a punto l’elenco delle priorità. All’inizio pesava il fattore etnico, è stato un lungo processo, ma ora si percepisce questa nuova mentalità: insieme nella pace, appunto. È stata una sorta di catarsi collettiva, sulla strada del perdono e della riconciliazione».
Gabriella Caldelari è nata a Lugano il 24 agosto 1943. Professione: insegnante di scuola materna per vent’anni poi educatrice per andicappati. Attività umanitaria: fondatrice, nell’agosto 1994, di Insieme per la Pace a seguito del genocidio in Ruanda. L’associazione si occupa di sostegni a distanza, case-famiglia, servizio nutrizionale, medicina tradizionale, scuola, apicoltura, pescicoltura, panetteria, saponificio, piantagioni di caffè, di riso e di canna da zucchero, fattorie, promozione di atelier d’artigianato locale con prodotti tipo cesti e borse, ricami, cucito.