Quella del 1° marzo 1986 è «LA» data per eccellenza nella storia dell’Hockey club Lugano. Promosso in serie B nel 1964, salito una prima volta in A nel 1971 e stabilmente nell’élite nazionale dal 1982, quel giorno di trentotto anni or sono il club si laureò per la prima volta campione svizzero nella magica serata di Davos. Altri tre titoli si sarebbero aggiunti nella bacheca bianconera nei quattro anni successivi, e poi altri tre tra il 1999 e il 2006, ognuno con la sua storia e il suo peso: ma il primo, come in tutte le cose della vita e dello sport, rimane in tutto e per tutto speciale.
Stagione 1985-1986, dunque. È la terza della gestione Slettvoll: tre anni aveva chiesto il tecnico svedese (affiancato dall’assistente canadese Mike McNamara) per portare l’Hcl al titolo, e tre anni sono stati. Si gioca, a quei tempi, a tre blocchi, ma diciamo pure a cinque difensori e con la terza linea d’attacco spesso sacrificata nei momenti decisivi delle partite. Le stelle d’importazione di quel Lugano sono due connazionali dell’allenatore: Mats Waltin, grandissimo quarterback, e Kenta Johansson, incontenibile cecchino. Il regolamento permette di schierare solo due stranieri, e i bianconeri possono vantare un tandem di classe appunto assoluta. Capitano di lungo corso è l’elegante Beat Kaufmann, che Slettvoll schiera spesso anche come attaccante. Il reparto difensivo conta pure sullo svizzero-canadese Bruno Rogger, sull’emergente Sandro Bertaggia e sugli affidabili Bernard Bauer e Claude Domeniconi; quello offensivo sulle vecchie volpi Giovanni Conte, Noldi Lörtscher e Fredy Lüthi, sui giovani talenti Jörg Eberle, Andy Ton e Roberto Triulzi, come pure sui collaudati Markus Graf e Riccardo Fuhrer. Completano poi la rosa il vieppiù solido portiere Thierry Andrey, la sua 38.enne riserva Alfio Molina e i ticinesi Jean-Claude Von Gunten e Bruno Zimmermann.
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