#Vetrina | 16/05/2014

Jörg Wolters

Roberto Guidi

Chiacchierata con Jörg Wolters, l'organettista più famoso di Lugano.

«Una chiacchierata? Volentieri, venga in centro durante le giornate di “Pasqua in città” e per trovarmi segua la musica…». Orecchio teso e via tra i vicoli e le piazze fino all’imbocco di via Nassa. Eccolo lì accanto a una bancarella del mercatino, presenza discreta eppure importante, classico sorriso e mano destra in perenne movimento per far funzionare l’organetto. Sprigiona da tutti i pori una simpatia immediata e coinvolgente. È una calamita: la gente gli passa accanto, lo saluta come si fa con i vecchi amici, lascia qualche moneta e allontanandosi si fa cullare da melodie d’antan. Tutti i luganesi l’hanno visto almeno una volta, fa un po’ parte delle nostre vite: la sua storia merita insomma di essere raccontata. «Sono nato ad Amburgo nel 1959 e cresciuto a Dortmund. Ho seguito per 3 anni una formazione per lavorare il ferro e poi sono stato impiegato per 5 in fonderia». Ma il destino aveva in serbo ben altri scenari. «In Germania ho conosciuto una ticinese che era venuta a imparare il tedesco, ci siamo innamorati e nel 1982 mi sono trasferito qui per sposarmi. Mi guadagnavo la pagnotta come meccanico di precisione in fabbrica. Poi purtroppo nel 1988 il matrimonio è giunto al capolinea, ho divorziato, decidendo di dare un altro orientamento alla mia vita, sia personale sia professionale». Prende allora il sopravvento la passione per l’organetto. «Dello strumento ero rimasto folgorato verso la metà degli anni ottanta durante un festival a Lugano, quando un musicista me l’ha fatto provare. Non me l’ero però sentita di abbandonare il lavoro per dedicarmi a questo mestiere, che è un po’ un salto nel buio. Avevo pur sempre una famiglia da mantenere ed è dura dire a tua moglie di voler andare a suonare per le strade e le piazze…». Concluso il rapporto coniugale, non ci sono più ostacoli e da 26 anni Joerg Wolters «presidia» la città e gira il Ticino con il suo fedele strumento. «Ricordo benissimo l’esordio: era il 1° novembre del 1988 a Melide, e da allora sono presente a tutti i grossi appuntamenti del cantone, a mercati e mercatini, ai grandi magazzini, la domenica al parco Ciani, a eventi privati, ecc... Suono tutto l’anno con pochissime pause, in pratica solo quando vado in vacanza, dove comunque mi porto sempre appresso un organetto più piccolo. Non si sa mai…L’estate scorsa, per esempio, mi stavo rilassando in un campeggio in Italia quando ho sentito che i vicini festeggiavano qualcosa. Mi sono avvicinato e ho iniziato con la musica…». Converrà che la sua è una passione inusuale… «Io non la vedo così. Ognuno ha uno strumento preferito e il mio è questo. Certo, qui è poco diffuso, ma non lo considero certo un limite, anzi». I campeggi non li frequenta solo in vacanza: sono il suo ambiente naturale, nel senso che ci vive in pianta stabile dal 1990. «Ho fatto 3 anni a Bedano, al camping del centro Quadri, e quindi mi sono trasferito al Dosso di Taverne. Una soluzione perfetta, che mi piace: ho la casa senza ipoteca… È anche, ovvio, una questione di costi: io vivo con quel che mi dà la musica e a Taverne l’affitto di un posto per roulotte costa 3.200 franchi all’anno. Questa, con la cassa malati, è l’unica spesa fissa. Niente ansia da bollette o conti in banca. E la vita nomade fa per me: pensi che una ventina d’anni fa ho fatto una tournée con il circo Tonino suonando prima e dopo gli spettacoli». Con il tempo, nel suo «condominio» particolare si è fatto parecchi amici. «In estate a Taverne arrivano clienti abituali con i quali si è instaurato un rapporto stretto, mentre con quelli occasionali tesso legami abbastanza facilmente. In pratica ho sempre nuovi vicini di casa senza dover traslocare… In inverno invece rimango solo, ma mica mi pesa. Del resto, generalmente, dopo una giornata a contatto con la gente, la sera mi piace starmene tranquillo, guardare la televisione e fare qualche lavoretto. Nella roulotte ho quello che mi serve a portata di mano e pure il bagno del campeggio è a due passi…». Racconta tutto come fosse la cosa più normale del mondo e sembra per nulla stressato per eventuali problemi finanziari. Che in realtà neppure ha. «Ogni volta che suono riesco a racimolare qualche franco, non ho debiti né particolari pretese economiche. Se desidero qualcosa, aspetto di avere i soldi necessari». Tra le sue esigenze non c’è sicuramente quella di comprare lamette e schiuma… «Non taglio la barba, e neanche i capelli, da 18 anni. Come mai? Sono cresciuti pian pianino e mi piaceva; alla gente pure. Fa parte del mio personaggio, con l’organetto e il cilindro nero fanno il “physique du role”». Al Ticino è legato talmente tanto che, dopo il divorzio, mai ha pensato di tornare nella Germania natìa. «Ho costruito la mia vita qui, tutti mi conoscono e mi vogliono bene. Più a lungo lavoro – e finché la salute me lo permetterà andrò senz’altro avanti – più persone conosco: si fermano a scambiare due parole, a complimentarsi, a lasciare un po’ di denaro. Al vostro cantone devo davvero molto. Pensi, ci sono i bambini di una volta che ora sono adulti e portano i figli ad ascoltare la mia musica. È meraviglioso. Cosa volere di più?».

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sull'edizione del 16.05.2014

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