Soffia forte il vento bianconero. Te ne accorgi dal tam-tam nei bar della piazza e in quelli virtuali sui social, dove non si parla d’altro che dei ragazzi di Mattia Croci Torti. «Celar vede la porta come pochi, mi ricorda Gimenez», «Speriamo che l’infortunio di Maric non sia niente di grave», «Il portierino è un vero fenomeno!», «Ma ul pusée fort l’è ul Matia Butàn». Non succedeva da tempo immemore che in Città la squadra di calcio muovesse tanto entusiasmo. Dal 1993, quando la cavalcata in Coppa svizzera si concluse in apoteosi al Wankdorf di Berna contro il Grasshopper; o dal 1996 quando in Coppa Uefa Edo Carrasco & Co. eliminarono l’Inter a San Siro. Sono passati quasi trent’anni, e in questo periodo – fatta eccezione per qualche impresa senz’altro degna di nota (promozione e qualificazioni europee) – l’Fcl è spesso rimasto nell’ombra dei fratelli dell’Hcl, primi per risultati, seguito, passione e tifo.
Soffia forte il vento bianconero. È quello che ha spinto la squadra in una serata d’ordinaria follia. 21 aprile, Lugano-Lucerna: bolgia sugli spalti, invasione di campo e notte di brindisi per festeggiare la qualificazione alla finale di Coppa svizzera, giunta dopo due pareggi subìti all’ultimo respiro e una serie di rigori che s’era messa male. Invece, sei anni dopo, si torna a vivere un pomeriggio da leoni, da tutto o niente. Sabato scorso, la fila per accaparrarsi un biglietto per la partita del 15 maggio contro il San Gallo arrivava fino al Cinestar. A Berna saranno quasi 10mila nel settore luganese, e poco importa se la maggior parte rientra nella categoria «tifosi occasionali», gente che ha visto Cornaredo con il binocolo (appena 2.804 unità l’affluenza media di questa stagione): da sempre, il carro dei vincitori è affollato.
Soffia forte il vento bianconero. Alimentato da un allenatore – il Crus – che dopo l’apprendistato come assistente a una lunga serie di allenatori sotto l’èra Renzetti, con l’arrivo della cordata americana si è ritrovato catapultato sul ponte di comando e non ha tremato. Anzi, ha trascinato la squadra e tutto l’ambiente con serietà, professionalità ma anche un pizzico di «follia» che spesso fa la differenza. Dalle sue parole si capisce la fierezza per il risultato raggiunto – anche se ovviamente manca la ciliegina sulla torta, perché perdere la finale sarebbe uno smacco – e al contempo il rincrescimento per il campionato, dove a un certo punto sembrava che il terzo posto fosse a portata di mano e invece è scivolato via con alcune scialbe prestazioni.
Soffia forte il vento bianconero. E l’impressione è che il bello debba ancora venire. Il club è riuscito a crescere e consolidare il proprio posto in serie A grazie a un presidente e tifoso (spesso pure troppo...) come Angelo Renzetti, a cui si deve senz’altro molto. Ora siamo di fronte a un cambio di passo a vari livelli, in campo e alla scrivania. Con all’orizzonte il Polo sportivo e degli eventi che non è più un miraggio bensì un progetto partito con il primo colpo di pala dato al Maglio di Canobbio, preludio a tutto quanto succederà nei prossimi mesi a Cornaredo (ne parliamo a pagina 18). Ed è chiaro che con uno stadio nuovo – accogliente, comodo, con spazi per vip, ristorazione potenziata e tutto quanto va di moda oggi – ci sono le premesse per trasformare stabilmente Lugano in una piazza di primo piano del calcio svizzero.