di Andrea Ventola
Ivan Verrastro lo sa bene. Il suo è uno di quei tracciati invisibili, avvolti dalla nebbia, ma che a poco a poco si rischiarano mostrando la bellezza del paesaggio, le mille sfaccettature cromatiche dell’orizzonte.
«Sono cresciuto in centro a Milano, mio padre si era trasferito dal Meridione senza neanche la licenza di scuola elementare. Faceva il saldatore, il sabato mattina lo accompagnavo al bar vicino alla ditta dove lavorava, in viale Certosa. Lì c’erano gli studi televisivi e spesso vedevamo transitare i volti più noti di quegli anni (fine anni ottanta ndr.)». Per puro caso Ivan finirà per diventare parte integrante di quel mondo. Tutto nasce quando insieme al suo migliore amico Luigi Maresca, giovanissimo, si lancia nella produzione di videoclip. «Luigi lavorava come scenografo e doveva realizzare una sorta di macchina del tempo per il brano “Io vengo dalla luna” di Caparezza. Ci trovammo a casa sua e iniziammo a riflettere su come utilizzare oggetti qualunque, come un tavolo o una sedia, al fine di sostituire un equipaggiamento costosissimo. L’esperimento riuscì bene e lo applicammo anche in altre situazioni».
La creatività e la capacità di improvvisazione portano Ivan a lavorare come scenografo per le soap opera «Centovetrine» e «Vivere», ed è qui che avviene il contatto con i produttori Mediaset. «Un giorno, mentre ero sul set, sono stato notato dal direttore della produzione, che aveva bisogno di una persona affidabile, pratica e disponibile. Tramite lui sono arrivato a diventare il braccio destro di Marco Bassetti, fondatore e manager director di Endemol Italia». Da quel momento Ivan diventa una sorta di tuttofare, un’ombra dietro le quinte di un sistema complesso, che fonde lo spettacolo alla politica, l’intrattenimento al potere. «In breve ero diventato la persona a cui rivolgersi per risolvere un problema. Mi occupavo di diverse mansioni. Gestivo i casting, trovavo i mezzi di trasporto, contattavo le case di produzione, organizzavo i catering, facevo da autista, da attrezzista scenografo… Ero costantemente in mezzo alla tempesta, e io dovevo fare in modo che tornasse il sereno».
Poi, un giorno, tutto questo finisce. «Avevo capito che era ora di cambiare aria, mia moglie era rimasta incinta e volevo una vita diversa. Ho dato retta all’istinto e mi sono buttato nel mondo della ristorazione, mia grande passione da sempre». Ivan cambia ristoranti come fossero menù, partendo dallo Sheraton di Malpensa per arrivare proprio a Lugano: prima al Cafè Retrò, poi all’ex Cantine Lucchini, l’Easydiet, il Parco Maraini, Caffè Vergnano, il Quirinale e infine al PaneLento Lievito Madre, imparando da solo il mestiere e forgiandosi con l’esperienza. «Nonostante le difficoltà, oggi sono molto contento. Adoro cucinare per gli altri, spesso riutilizzando ingredienti che non usiamo più, come la pasta del pane, con cui faccio i rustici o i calzoni. La nostra politica è infatti quella di evitare gli sprechi, recuperando tutto ciò che possiamo e convertendolo in qualcosa di nuovo. Il pane è impastato con farine biologiche prese da un consorzio. Usiamo la pugliese Senatore Cappelli, la grigionese Gran Alpin… Tutte materie prime biologiche che acquistiamo dai nostri fornitori Bio Suisse in Val Colla e San Bernardino, prodotti che oggi fanno la differenza sul mercato alimentare».
Anche a casa, appena può, Ivan evita di gettare nella spazzatura gli avanzi della sera prima. «Il riso, ad esempio, anziché buttarlo lo rendo liquido e lo cuocio in una teglia fino a farlo diventare dei crackers. I miei figli ne vanno pazzi». Più che un metodo di lavoro, si tratta di una vera e propria filosofia di vita. «Ti è mai capitato di toccare il fondo? Di sentirti uno scarto? A me è successo, e quello che ho imparato è che la negatività, il dolore, possono essere riconvertiti in un atteggiamento positivo verso gli altri e verso la vita stessa. In natura tutto si trasforma. Perché noi non dovremmo?».