di Ivan Pedrazzi
Un contesto di ufficialità nel quale lo schivo Peter Lüthi si sarebbe trovato a disagio, per cui ha preferito declinare l’invito.
Lontano fisicamente, l’ex funzionario postale di Lugaggia ha tuttavia partecipato idealmente all’evento, «felicissimo» – ci confida – per il buon esito di un’iniziativa che corona «come meglio non potevo immaginare» una sua precedente opera: la raccolta sistematica di oggetti, impianti, documenti… che, superati dall’avvento delle nuove tecnologie, sarebbero finiti in discarica. Impiegato alla Posta centrale di Lugano, con il consenso dei superiori ha infatti recuperato e messo al sicuro un’infinità di cimeli che hanno fatto la storia della Posta. «Non un’azienda qualunque, parliamo delle PTT – ribadisce Peter Lühti – di cui tutti andavano fieri. Ci ho lavorato 40 anni, orgoglioso di far parte di un’autentica istituzione nazionale, al pari delle Ffs e della Swissair».
Lüthi non si considera un collezionista, bensì un conservatore: «Mi piace dare una seconda vita agli oggetti, trovare una nuova collocazione per quelle cose che, prima o poi, finiscono fuori corso».
Il museo allestito a Mendrisio da Kurt Baumgartner è una destinazione che nobilita attrezzature di servizio e accessori che sono stati testimoni di un’epoca gloriosa e che, secondo l’ex impiegato postale di Lugaggia, hanno un potere: quello di raccontare e di trasmettere sensazioni. E dove, allora, se non in un museo, potevano trovare il loro posto ideale? Il pensiero di Lüthi è soprattutto per le giovani generazioni, le scolaresche, che a Mendrisio possono trovare spunti e materiali su cui lavorare e avviare delle ricerche. A proposito di oggetti che raccontano… «Questa – spiega il nostro interlocutore, scorrendo le pagine del libro «Il museo dei ricordi» che accompagna l’esposizione – è la capsula della posta pneumatica che serviva per inviare documenti da un ufficio all’altro. Un collega alle prime armi, anziché utilizzare la bussola, introdusse un vaglia con dei soldi direttamente nella condotta… Naturalmente non arrivarono mai al destinatario».
Indistruttibile e infallibile, il temperamatite in dotazione agli uffici postali dell’epoca è un altro pezzo a cui Lühti è affezionato. «L’ho recuperato nella benna per la ferraglia durante la ristrutturazione del centenario Palazzo postale di Lugano. Ci ho messo un po’ a capire a che cosa servisse quella specie di arnese monumentale». Poi c’è la macchinetta per confezionare i rotolini della moneta. «L’ho vista, e qualche volta utilizzata, nell’ufficio delle caselle pacchi di cui era responsabile Bruno Postizzi, funzionario modello e persona squisita. Per me era e rimane “la macchina del Bruno”».
Ora la Posta appartiene al passato. In pensione dal 23 agosto 2019, Peter Lüthi ha deciso di voltare pagina. «Nessun rimpianto, quello che è stato, è stato; con la consapevolezza, però, di aver vissuto un’esperienza professionale bella e appagante, seppur con qualche sofferenza quando sono cominciate le riforme».
E oggi? Sessantenne in piena forma, percorre con la moglie e gli amici le nostre valli e montagne, che non si finisce mai di esplorare e scoprire.
Ha ripreso la macchina fotografica, la sua professione originale, imparata presso il laboratorio Binda in piazza Manzoni a Lugano. «Vincenzo Vicari è stato il mio perito d’esame a fine apprendistato».
Il sogno nel cassetto? Intraprendere il Cammino di Santiago di Compostela, con partenza da Lugaggia: sono circa 2.500 chilometri, che per un attento osservatore come lui, non potranno che essere fonte di nuovi incontri e apprendimento.
«Mi piace dare una seconda vita agli oggetti, trovare una nuova collocazione per quelle cose che, prima o poi, finiscono fuori corso»