Mentre lavorava in Posta, Giacomo Realini aveva scoperto la passione del giornalismo, accanto a quella dei motori, soprattutto rally. Altre stagioni, allora, i giornali nel Cantone erano sei e lui trovò una prima accoglienza al Corriere del Ticino per le sue cronache e interviste, poi si acquartierò al Giornale del Popolo, che gli dava più carta bianca. Successivamente però, con la necessità di coltivare il proprio orto (tradotto: commercio), doveva dire addio a quel mondo che lo affascinava ogni fine settimana: prima alle gare poi in redazione a scrivere. Giacomo, organizzati un po’ i suoi giorni, si è reinventato e ha cominciato a scrivere lettere, tante lettere su quello che il suo spirito di osservazione e il suo animo gli suggerivano. Riflessioni a 360 gradi, dal costume allo sport, dalle tradizioni della civiltà contadina all’immersione nel nuovo in continua e rapida evoluzione. La linea che s’è assegnato, leggendo ora qua e ora là i suoi scritti, è quella di «far tirare il fiato» alla gente. Nel contesto eccitato di un’attualità che non conosce più pause, perché le notizie viaggiano a getto continuo, l’ex-commentatore dei rally e delle corse su moto verso il Generoso propone un sorso d’acqua. Offre insomma spunti che dissetino, tendenti a far riconciliare – questo è il suo obiettivo non dichiarato ma evidente – con la serenità, indicando rimedi di buon senso, quelli della Sciura Pina, agli affanni e al disorientamento nel buon senso, nel recupero di valori andati ormai fuori corso. Con le lettere e i messaggi Whatsapp che manda in quantità industriale, Realini sembra trovare appagamento nell’accompagnare sui sentieri della memoria, dove il sentimento delle stagioni vissute si possa ancora aprire alla speranza di squarci d’azzurro e di luce. Se poi il mondo non lo corrisponde, egli si sente realizzato comunque, perché lo sente come un dovere morale. La vita esige una passione, parola di Borges.
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