Anche le feste di fine anno non sono più quel che erano. Persino la classica riunione di famiglia ha subito i contraccolpi di nuovi desideri e abitudini. Vi figura sempre più spesso un viaggio. Cioè, una vacanza sportiva in montagna o un soggiorno all’insegna dell’esotismo ai Caraibi. Tanto che il «buono vacanze» è diventato una delle forme più attuali e apprezzate del regalo. Persino in un’epoca politicamente insidiosa. Confermando che l’altrove mantiene il suo fascino di avventura e scoperta.
Sia con un «voucher», un gioiello, una tuta sportiva, una bottiglia di vino, un ninnolo curioso o un biglietto di auguri, le feste di fine anno continuano a essere un evento irrinunciabile: la festa delle feste. Il 25 dicembre, insomma, giornata simbolicamente unica e unificante, nell’ambito pubblico e privato. Ora persino su questa data incombe la minaccia del «politicamente corretto», diffuso dalla cosiddetta cultura «Woke». Si tratta di cancellare l’impronta della tradizione cristiana per farne una ricorrenza laica, da dedicare esclusivamente a svago e shopping. Una riforma che concerne, e non è cosa da poco, il linguaggio. A Londra, Christmas è diventato White Season e Winter Festival.
Una boccata d’ossigeno per l’economia
L’acquisto è l’anima del commercio, proclamava un vecchio slogan, quando la parola consumismo non esisteva ancora. Mentre oggi ne siamo tutti fruitori e persino vittime. Il tamtam pubblicitario, abbinato alle feste di fine anno, sfidando il calendario risuona nei supermercati già in ottobre. Ci si trova, nostro malgrado, immersi in un clima di anticipazione che rischia di diventare controproducente.
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