Nel mondo del lavoro, la parola d’ordine è flessibilità. La verità è che questo termine, ormai, suggerisce tacitamente un ricambio continuo di risorse – il famoso «turnover» – che è passato da eccezione a regola. E per molti sembrerebbe essere una virtù.
E il famigerato posto fisso? Parrebbe un concetto superato, lontano dai desiderata sia dei datori di lavoro, sia degli impiegati stessi. Perché non è sinonimo della tanto osannata flessibilità: quella che permette di fare carriera, quella che fa sperare in un futuro più remunerativo. Ma che richiede corse forsennate alla ricerca del «Sacro Graal» e porta con sé anche parecchia incertezza.
Esistono storie capaci di far cambiare prospettiva: quella di Giorgio Bortolin è una di queste e merita di essere raccontata. I «perché» sono molteplici, ma il primo che viene in mente è tanto semplice quanto prezioso: si può lavorare per 50 anni (tondi tondi!) nella stessa azienda e non conoscere la parola «noia». Certo, ci vuole anche un pizzico di fortuna…