Più di un secolo fa migliaia di ticinesi, artisti compresi, lasciarono laghi, valli e montagne per cercare lavoro e fortuna all’estero. Molti sono andati verso Francia, Germania o Belgio, altri hanno attraversato l’oceano per sbarcare in quella che tutti immaginavano essere una terra paradisiaca: l’America. La maggior parte di loro ha portato con sé, assieme alla forza delle proprie braccia, anche la cultura, lo spirito e la lingua del nostro Ticino. Come la famiglia Perlasca, che si affermò in Argentina e Uruguay, prima con Martino Perlasca di Morcote, poi con il figlio Otto e la moglie Maria Caccia e, successivamente, con i tre nipoti, tra cui Pax detta «Tota».
Il Ticino nel cuore
Pittore di figura, Martino Perlasca realizzò un esiguo numero di opere. Dopo aver cominciato gli studi artistici a Lugano, si trasferì giovanissimo a Buenos Aires e quindi a Montevideo, dove ha avuto successo ritraendo politici e non solo. Si narra anche di un ritratto a Giuseppe Verdi. Molti dei suoi dipinti si possono ammirare nella cattedrale San Josè de Mayo, nella Cappella del Santissimo Sacramento e nella chiesa di S. Antonio. È autore anche della decorazione del Club Uruguay e del Club Cattolico nonché degli affreschi di Palazzo Santos, sede della cancelleria, emersi di recente dopo essere stati coperti per decenni da strati di vernice e tornati alla luce grazie al lavoro della restauratrice Claudia Frigerio.
Martino tornava spesso in Ticino per trovare l’ispirazione. Qui dipingeva quadri e opere e per poi spedirli in Sudamerica. Viaggiava molto e, per cercare il marmo più adatto alle sue sculture, si recava persino a Carrara, cosa non scontata se consideriamo i mezzi di trasporto dell’epoca.
Rientrato in Europa negli anni ottanta dell’Ottocento, frequentò l’Accademia di Brera a Milano e iniziò a esporre nella città lombarda soggetti legati all’emigrazione. Fra le sue opere più famose ricordiamo «Ritornerà?», ceduto dagli eredi al Comune di Lugano. Martino Perlasca morì, a soli 39 anni, a Morcote. Ebbe tre figli: Pietro, Rachele e Otto. Quest’ultimo seguì con passione le orme artistiche del padre.
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