Nell’ultimo semestre il mondo culturale ticinese ha attribuito giusto rilievo a una ricorrenza che meritava una doverosa attenzione. E non solo in Ticino, visto che anche in Italia e nella più distante Argentina la celebrazione dei 130 anni della nascita di Alfonsina Storni non è passata inosservata per quanti riconoscono alla poetessa nativa di Sala Capriasca, ma affermatasi in Argentina, la cifra e le qualità artistiche per cui si impose a partire dalla seconda decade degli anni venti. Tanto che il suo nome valicò ben presto anche i confini del Paese sudamericano che la ospitava.
Vincenzo Mazzoni, autore del recente volume «Alfonsina Storni. Amore e libertà» (Empoli, Ibiskos Ulivieri Edizioni, 2022), ne sintetizza la figura conferendo alla poetessa di origini ticinesi un ruolo che oggi ne rende ancora più attuale l’opera. «La parte più moderna di Alfonsina Storni è stata quella di capire che la lotta per l’emancipazione femminile doveva passare attraverso una parità di genere, una problematica di tipo sociale. Non solo poter scrivere per riviste importanti». Argomentazione sostenuta con convinzione da Beatriz Sarlo in una precedente prefazione ai «Poemas de amor» della Storni, editi da Casagrande di Bellinzona nel 1988. Neppure la voce dissonante del giovane Jorge Luis Borges – che fin dalle prime prove poetiche della Storni ne osteggiò lo stile prendendo posizione dalle colonne della rivista «Martìn Fierro» per etichettare i suoi versi con la sprezzante definizione di «pettegolezzi» – valse a inficiare la crescente notorietà, di volta in volta acquisita e consolidata, della «nostra» Alfonsina, verseggiatrice colta e sensibile.
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