A parte qualche sussulto iniziale, quando i primi risultati scrutinati lasciavano presagire un possibile testa a testa tra l’uscente Claudio Zali (Lega) e Piero Marchesi (Udc), la domenica elettorale è andata come in fondo tutti immaginavano andasse: la riconferma dei quattro uscenti e l’ingresso di Marina Carobbio al posto di Manuele Bertoli che, dopo tre legislature, non si è ricandidato. L’esercizio, da questo punto di vista, è riuscito e l’insediamento dell’esponente dell’area rosso-verde ha conferito alla compagine governativa un assetto più consono ai tempi: una donna ai piani alti di Palazzo delle Orsoline mancava dal 2015. La consigliera agli Stati è tuttavia solo la quarta «ministra» nella storia istituzionale del Canton Ticino. Prima di lei lo sono state Marina Masoni (Plr), Patrizia Pesenti (Ps) e Laura Sadis (Plr).
L'exploit di Amalia Mirante
Confermati gli equilibri politici e ristabilita la presenza femminile, l’elezione del Consiglio di Stato ha però destato qualche sorpresa. Amara per la lista Ps-Verdi, che si è fermata al 17,4% dei voti. Correndo separati, nel 2019 socialisti ed ecologisti si erano assicurati il 21,4%. Dolce per il movimento Avanti con Ticino&Lavoro che, appena tre mesi dopo la sua costituzione, ha agguantato un 5,1% giudicato «stratosferico» da Amalia Mirante. Staccatasi con Evaristo Roncelli da un Ps in cui non aveva trovato lo spazio che riteneva di meritare, l’economista di Taverne-Torricella ha ottenuto 22.579 preferenziali. Una performance personale straordinaria.
Il calo del 2,3% non prometteva nulla di buono neppure per il Plr di Alessandro Speziali, mentre in via Monte Boglia un campanello d’allarme è suonato quando si è saputo che alla «locomotiva» Norman Gobbi non era riuscito l’exploit del 2019: il più votato lo scorso 2 aprile è stato infatti Christian Vitta. Il sospetto che la tenuta della lista Lega-Udc fosse merito dell’alleato democentrista è cominciato a serpeggiare.