di Ivan Pedrazzi
Giunti a Canobbio nel 1700 provenienti dal Lecchese, i Fumagalli dopo qualche anno si suddividono in due rami: uno si occuperà della produzione di carta alla Cartèra (la prima nel Luganese), l’altro si trasferirà dapprima a Lugano e in seguito a Milano, dove gli arriderà notevole fortuna. Tra questi ultimi spicca Giacomo (1786-1862), ingegnere al servizio del Regno Lombardo-Veneto e artefice di alcune opere civili notevoli.
Nelle terre Lombarde e Venete, Giacomo Fumagalli – nominato responsabile di tutte le vie di comunicazione, strade, canali navigabili, e successivamente dei primordi della rete ferroviaria – si distinse per alcune realizzazioni nel campo delle comunicazioni soprattutto via acqua, fondamentali quali mezzi di trasporto. Dopo cinque secoli d’infruttuosi tentativi, riuscì nell’impresa di costruire un canale navigabile da Milano al mare attraverso il Po. Inaugurata nel 1819, è descritta da Gianinazzi come «un’opera particolarmente impegnativa, che ha richiesto la formazione di dodici conche di 8 metri e la costruzione di un ponte-canale sul Lambro». Il Naviglio pavese ha inoltre favorito l’irrigazione di una vasta zona, continuando i lavori di bonifica portati avanti nei secoli precedenti dai monaci delle abbazie lombarde, e la conversione in acque pulite di quelle nocive e inquinate dell’area milanese.
Meno fortunato fu un altro progetto di cui l’ing. Fumagalli si occupò nei primi decenni dell’Ottocento: quello per la realizzazione di un canale navigabile dal lago di Lugano, a partire da Ponte Tresa, fino alle brughiere milanesi, con l’intento di un successivo proseguimento fino al Po con sbocco a Pavia. Nonostante il governo del Lombardo-Veneto fosse interessato, soprattutto per la possibilità di estendere le coltivazioni di frumento, segale e granturco, fu abbandonato dando la precedenza agli studi per la realizzazione della nascente rete ferroviaria. Il progetto aveva avversari anche da parte ticinese. «L’avvocato Stoppani, che temeva conseguenze pregiudizievoli per la sua peschiera di anguille sulla Tresa, e l’avvocato Airoldi, per vari altri motivi, videro di buon occhio il rinvio dell’esecuzione dell’opera».
Giacomo Fumagalli si occupò anche di strade, ponti e delle prime ferrovie, considerate a quell’epoca un «simbolo del progresso e della tecnica», nel vasto territorio compreso tra i fiumi Ticino, Po e Adda. Tra i vari progetti che stavano maturando in risposta alle esigenze dell’incipiente rivoluzione industriale, si distinse la «Strada ferrata ferdinandea» (detta anche Comasina), che collegava la capitale Milano a Monza, con la prospettiva di poter in seguito raggiungere Vienna, la capitale dell’impero. In quanto responsabile delle vie di comunicazione lombarde, Fumagalli ebbe voce in capitolo anche in questa operazione.
La ferrovia, che si sviluppava su una lunghezza di 12,8 chilometri, fu messa in esercizio il 18 agosto del 1840. Sul convoglio inaugurale, il nostro Fumagalli sedeva accanto a teste incoronate e dignitari. Il treno impiegò 17 minuti per giungere la destinazione. La locomotiva a vapore era alimentata con la legna (il carbone arriverà solo quando, con l’accesso ai porti, sarà compiuta l’Unità d’Italia). «Sgomberato il Milanese dagli austriaci – rileva Gianinazzi – da Monza la linea fu estesa verso Camerlata e Como in vista del congiungimento con la costruenda linea del Gottardo».
Cultore di storia locale
«Anche questo nuovo libro di Gianinazzi – osserva Marco Tonacini Tami, che conosce bene l’autore – è uno scrigno aperto di notizie, curiosità, storie e ritratti a tutto tondo di personaggi illustri e di famiglie, le cui origini genealogiche formano un unico e variegato mosaico dai colori vivaci: frammenti di storia locale e altro». Appassionato cultore del nostro passato, nell’opera di Graziano Gianinazzi si colgono «sia il valore storico e culturale di una narrazione attenta alle persone, alle cose e agli avvenimenti, sia l’affetto per la “sua” gente, allora povera di risorse economiche ma ricca di valori; gente di un antico mondo rurale, tutta d’un pezzo, che faticava dall’alba al tramonto. Dall’allevamento di animali da cortile e con il lavoro nei campi, seppe trarre dai solchi della terra i frutti delle sue fatiche: il pane quotidiano per la propria sopravvivenza». Anche dalle pagine di «Giacomo Fumagalli, un ingegnere di Canobbio al servizio del Regno Lombardo-Veneto» si percepisce l’attaccamento alla «sua» terra d’origine, che seppe «sfornare» menti elette: uomini e donne che – con intelligenza e laboriosità – seppero portare alto, in patria e all’estero, il nome Canobbio.
Stampato dalla Fontana Print di Pregassona, il libro di una cinquantina di pagine è corredato da note esplicative, dalla cartina della genealogia delle famiglie Fumagalli, da foto in bianco/nero e a colori, dalla riproduzione di documenti d’epoca, nonché da una carta coreografica a tutta pagina, con itinerari e statistiche. È in vendita presso l’autore a 16 franchi.