Il nome – OtherMovie – dice tutto. Dice di un «altro» festival, che percorre strade poco battute, scava, fa riflettere, valorizza, indaga, promuove la dignità del diverso e lo scambio culturale.
L'intervista è in pratica un monologo. Mentre sorseggia un caffé, Drago è un fiume in piena e passa in rassegna il cartellone che ha allestito. Quando gli facciamo notare l’eccellente varietà e qualità, sorride: «Mi fa piacere che dici così. Paradossalmente siamo più (ri)conosciuti all’estero che qui, dove solo negli ultimi anni stiamo raccogliendo il consenso che penso meritiamo». Non è assolutamente spocchia. Basta farsi un giro su othermovie.ch per rendersi conto di quanto di buono questo appuntamento offrirà e chi, negli anni scorsi, ha bazzicato le sale di Lugano serba senz’altro un ottimo ricordo.
Idealmente, OtherMovie occupa, assieme al Festival Diritti Umani, il terzo gradino del podio delle rassegne cinematografiche ticinesi, dietro Locarno e Castellinaria. «Siamo partiti nel 2012 privilegiando film legati all’arteterapia, che parlavano di problematiche psichiatriche, disabili, violenza sulle donne... Poi – anche grazie ai contatti che ho allacciato negli anni presentando le mie pellicole in varie rassegne – siamo cresciuti, ci siano strutturati meglio, sia come offerta sia come organigramma. Tuttavia restiamo una piccola rassegna no profit che vive grazie al volontariato e ha un budget di 30mila franchi».
Il fil rouge dell’edizione 2023 è «Resilienza: l’arte della resistenza». Resistenza a cosa? «Alle difficoltà in generale – risponde Drago Stevanovic – per venirne fuori più forti di prima. Direi che gli ultimi anni ci hanno messo alla prova svariate volte: resistenza alle discriminazioni, alla guerra, alla violenza, alle malattie. Sono i temi principali che abbiamo deciso di sviluppare e proporre quest’anno al pubblico. Presentiamo storie in ambiti differenti accomunate dalla capacità umana di trovare soluzioni: talvolta innovative, talvolta rielaborando il passato».