Un anno fa avevi affermato che le dinamiche in un gruppo sono più importanti del sistema di gioco. Confermi questo pensiero? «La scorsa stagione ero subentrato in corsa e avevo quindi dovuto parzialmente adattarmi e reagire. Quest’anno ho potuto portare avanti le mie idee sin dall’inizio. Soprattutto ad agosto, ho potuto mettere le mie basi sia sul piano tecnico sia su quello della comunicazione con la squadra. Trovo quindi che dinamiche di gruppo e sistema di gioco siano andati di pari passo. Nel mio primo campionato avevo invece dovuto scegliere quali battaglie portare avanti».
Avete privilegiato le riunioni con tutta la squadra oppure puntato più sui meeting con un gruppo ristretto di giocatori? «Siamo rimasti più sull’idea delle riunioni di gruppo. Con il tempo mi sono reso conto che questa è una necessità del giocatore professionista, a differenza di una squadra del settore giovanile. Avverto un bisogno maggiore di condividere la responsabilità: il video lo abbiamo visto tutti, è lo stesso per tutti e sappiamo tutti cosa dobbiamo fare. Trovo nello stesso tempo che sia anche un limite. Per questo motivo restano importanti le sessioni individuali con le coppie di difensori o una linea di attaccanti: si toccano anche gli aspetti comportamentali, si parla di valori, di linguaggio del corpo come squadra. A gruppi ristretti i temi sono più tecnici e tattici».
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