«Una decina di anni fa, il maestro Fabio Valsangiacomo mi avvicina: "Dobbiamo trovare il modo di personalizzare meglio il concerto di gala”. Più facile a dirsi che a farsi. Ci ho pensato a lungo e poi ecco l’idea: interpretare un tema accompagnando il canto con scene teatrali. Con questo spirito abbiamo prodotto concerti-spettacolo ispirati ai Promessi sposi e sul tema dell’emigrazione ticinese in Argentina». I testi, recitati dai coristi medesimi, erano farina del sacco di Gianfranco Albisetti, a sua volta voce del Val Genzana e anima del progetto che viene portato in scena domenica 9 ottobre al Lux di Massagno. L’entrata è libera.
«Sfrusaduu. Storie di contrabbando del secolo scorso, tra illegalità, spirito di sopravvivenza e tante emozioni» è un tuffo nel passato per recuperare aneddoti e storie. Il mondo degli spalloni, Albisetti l’ha conosciuto da vicino e l’ha raccontato nel libro «I caraduu da Mérat».
«Cominciai a comprendere qualche particolare di questa attività verso la fine degli anni ’50. Ricordo che una sera, uscendo della chiesa dopo la celebrazione della Novena di Natale, ho respirato l’aria fredda di dicembre intrisa di un forte odore di caffè appena tostato. Un odore piacevole, anche perché, a casa nostra, il caffè veniva mescolato con cicoria e cuoceva per ore e ore in un “pügnatín” nero come il carbone». Albisetti chiede agli anziani del paese da dove proviene il profumo. «“Da in du vöt chel vegna. Gh’è pena passaa i sfrusaduu e gh’ann lassaa in gir ul bigliét: che Diu ga la manda bona”, mi rispondevano. È così che con mio fratello iniziammo a percorre i sentieri che portavano al confine; osservavamo le garitte delle guardie, edificate con stollo di granoturco (spoi da carlún) e i ripari degli spalloni ricavati al centro di vaste pietraie».
Allora, come oggi, il mondo viene visto all’incontrario: i contrabbandieri, fuorilegge, sono in qualche modo i buoni, le guardie di confine i cattivi... «Vero. In noi nasceva un sentimento di comprensione, di simpatia, per questi sfrusaduu che per guadagnare un tozzo di pane sfidavano mille insidie. Non erano mossi da avidità di chissà quali guadagni, bensì dalla volontà di sottrarsi alla povertà delle nostre valli. Un mondo illegale, ma romantico».
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