Di Michaela Lupi
Immersi nella quotidianità, facendo fronte a mille impegni, domande, ostacoli e momenti belli, sottovalutiamo che le nostre vite possono suscitare interesse nei confronti di interlocutori sconosciuti. L’occasione per dimostrarlo è offerta dalla Rete caffè narrativi, che dal 2015 promuove in Svizzera la creazione e lo sviluppo di incontri volti alla narrazione e all’ascolto.
La Rete è un progetto comune realizzato da Migros Percento culturale e dall’Istituto per l’integrazione e la partecipazione della Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale, con il sostegno di Promozione salute svizzera. Grazie ai Caffè narrativi, persone solitamente sconosciute si incontrano per parlare di sé e del loro vissuto, partendo da un tema e coordinate da un moderatore, ovviamente davanti a una tazza di caffè. L’iniziativa si inserisce in una società dove la comunicazione è molto digitale. Piattaforme virtuali permettono di scambiarsi opinioni, esperienze, saluti, fare conoscenze senza spostarsi da casa. Tuttavia, la discussione viva, reale, semplice e senza filtri resta qualcosa di essenziale, prova ne è che iniziative come queste trovano terreno fertile.
Ne abbiamo parlato con Valentina Pallucca, membro del team di progetto della Rete e riferimento per il Ticino con il collega Marcello Martinoni. Il gruppo, composto da persone che appartengono alle diverse regioni svizzere, ha lo scopo di strutturare il progetto e funge da interlocutore per le richieste degli interessati. La nostra interlocutrice, domiciliata nel Luganese, ha fatto la prima esperienza con la Rete lo scorso mese di giugno, partecipando alle tre giornate nazionali. «Sono rimasta affascinata, Ogni incontro, incentrato su vicende della vita, ha portato una grande voglia di condivisione. Il nostro obiettivo ora è quello di ampliare il sistema».
Ingredienti per una buona riuscita
La figura centrale è quella del moderatore, un’attività di volontariato. Egli sceglie l’oggetto della discussione, conduce l’incontro coinvolgendo tutti e veglia affinché l’ascolto e il racconto dei partecipanti si svolga in modo rispettoso, senza scatenare dibattiti o critiche. Proprio questa struttura chiara fa la differenza con i gruppi spontanei che si formano nei diversi luoghi di ritrovo.
«Tuttavia – osserva Valentina Pallucca – vi sono persone che desiderano solo ascoltare e va benissimo, poiché anche così si è partecipi. L’abbiamo notato in qualche casa per anziani: il grande desiderio di essere lì ma senza prendere la parola. È proprio lo stare in compagnia che favorisce un buon inserimento sociale, rispettando i bisogni di tutti».
La Rete mette a disposizione delle regioni linguistiche un elenco di moderatori. Per svolgere questo compito è necessario impegnarsi ad applicare la Carta dei caffè narrativi, nella quale vi sono le aspettative e il quadro in cui gli incontri si devono svolgere, nonché frequentare almeno un corso di introduzione o perfezionamento. «Abbiamo avuto parecchie richieste per l’attività di moderatore/moderatrice e ne siamo contenti. I partecipanti qualche volta confidano esperienze o situazioni delicate e particolari. In questi casi il nostro collaboratore può suggerire enti pubblici o privati ai quali rivolgersi per maggior sostegno».
Qual è il posto ideale per un incontro? «Qualunque. La sede di un ente, una biblioteca, una scuola, anche all’aperto, per esempio al parco Ciani di Lugano. Tutti possono partecipare: giovani, anziani, disabili, varie categorie professionali, eccetera. I gruppi sono piccoli, così da favorire una buona interazione. Di principio, l’incontro prevede due parti per la durata complessiva di un paio d’ore: una narrativa con l’intervento del moderatore e una più informale dove ci si confronta liberamente bevendo un caffè. Ci piacerebbe poter coinvolgere di più i giovani, in modo da offrire un interessante scambio fra generazioni».
Il profumo del panpepato e il camion della Migros
Di recente si è tenuto il primo Caffè narrativo organizzato da Unitas, Associazione ciechi ed ipovedenti della Svizzera italiana, presso il centro diurno Casa Andreina a Lugano. Il coordinatore, Marco Rutz, ha manifestato entusiasmo per questa tappa del Caffè narrativo, soprattutto perché l’evento si inserisce pienamente nel perseguimento degli obiettivi definiti dal Cantone per questo tipo di centri, ossia la prevenzione dell’isolamento sociale. Per questo motivo si è pensato di coinvolgere anche altri centri diurni che prossimamente dovrebbero organizzare piccole tavole rotonde.
Il tema dell’incontro a Casa Andreina, moderato da Lorenza Campana, era il profumo. Il gruppo ha iniziato affidandosi all’olfatto, tenendo fra le mani un piatto con alimenti legati alle festività natalizie. E così, intrecciando il profumo del panpepato, dei mandarini e di un macaron, il viaggio del racconto ha fatto tappa nell’infanzia di ognuno, ricordando il significativo 1945, la vita rurale delle famiglie, svoltando poi sotto il tendone del Circo Knie per proseguire nella natura e chiedersi che profumo abbia la nebbia. Ogni momento vissuto lascia delle tracce che rendono ogni persona unica e con una storia che merita di esser raccontata.
Il prossimo incontro – dal titolo «C’era una volta il camion della Migros» – è invece in agenda giovedì 13 gennaio alle 14 al Centro diurno della terza età in via Beltramina 20a a Lugano. Com’è cambiata la spesa negli anni? Cosa ci manca dei tempi del camion della Migros? In che modo preferiamo fare la spesa oggi? Altre informazioni sul sito www.caffenarrativi.ch, e-mail info@caffenarrativi.ch, tel. 091 825 38 85.