«L’augurio è che questo progetto possa riempire di gioia i cuori di tutti coloro che ne prendono parte, donatori e sognatori. Perché in fondo questa è l’occasione per uno scambio di esperienze, di cui noi siamo il centro, mentre la bellezza viene dalla condivisione di tempo, sorrisi, ascolti, storie, attenzioni, gentilezze, ma soprattutto vite». Laura Bianchi, Federica Butti, Cristina Piccioli, Katerina Neumann e Laura Chiesa parlano con entusiasmo di «Nipoti si diventa», iniziativa nata nel dicembre 2021: agisce come balsamo contro il rischio della solitudine. Cinque giovani che si sono conosciute attraverso scuole, amicizie e luoghi di lavoro comuni.
Quale scintilla ha fatto nascere il progetto «Nipoti si diventa»? «Il tutto ha fatto breccia dapprima nella vita di Katerina, la quale diversi anni fa, in occasione di un viaggio nel suo Paese di origine, la Repubblica Ceca, aveva sentito la speaker di una radio lanciare la proposta di raccogliere i desideri degli anziani durante il periodo natalizio con lo scopo di diffonderli attraverso il programma e realizzarli attraverso la partecipazione degli stessi ascoltatori. Katerina ne ha parlato a Laura Chiesa ed è nato – in Italia, dove Katerina risiedeva a quel tempo – “Nipoti di Babbo Natale”. L’anno scorso il desiderio di avviare un servizio analogo in Ticino, da dove proveniamo tutte noi, è stato irrefrenabile, forse anche a causa dell’arrivo della pandemia che ha reso ancor più pressante la necessità di rendersi utili. Nel 2021 è nata l’Associazione Nipoti si diventa, con lo scopo di creare un collante intergenerazionale, ascoltare i bisogni della società, avvicinare le persone».
Come funziona concretamente? «È semplice: abbiamo creato il sito nipotisidiventa.ch sul quale vengono caricati i desideri degli anziani, ospiti di istituti o centri diurni. La popolazione ha la possibilità di visionarli online e prenotarsi per realizzarli. Nell’operazione, l’ospite è seguito da un operatore/educatore della struttura che prende poi contatto con il “nipote” per verificarne l’idoneità e concordare le modalità dell’incontro con l’anziano».
È un servizio aperto a tutti gli anziani o solo a quelli residenti negli istituti? «Abbiamo scelto di cominciare con le case per anziani e i centri diurni – in tutto oltre una trentina sparsi sul territorio cantonale – per questioni di coordinamento e sicurezza. Stiamo tuttavia lavorando per poter raggiungere anche gli anziani autosufficienti che continuano a vivere al proprio domicilio ma gradirebbero ugualmente poter trovare “nipoti” con il quali passare, per esempio, del tempo insieme».
Fino ad ora quanti desideri avete realizzato? «240. Tanti? Pochi? Quando siamo partite eravamo nel pieno della terza ondata pandemica e c’era ancor più bisogno di tendere una mano, un orecchio e un cuore a quelle persone che da tempo stavano dimostrando comprensione verso una situazione difficile, ma che di tempo non si sa quanto potranno ancora averne. Desideriamo raggiungere il maggior numero di anziani, senza però perdere d’occhio un aspetto per noi cruciale: la qualità dei rapporti umani».
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