Il Ticino, 24 anni dopo Flavio Cotti, eletto nel 1998, ha potuto di nuovo abbracciare un «suo» presidente. Ignazio Cassis avrebbe dovuto raggiungere il suo Cantone d’origine in dicembre in occasione della nomina a capo del Governo nazionale, ma a causa della pandemia la cerimonia è stata posticipata. E così la giornata di mercoledì 14 settembre si è inevitabilmente caricata di altri significati, quasi fosse tempo di bilanci anziché una festa d’insediamento. Nei discorsi di rito, così come nelle domande dei giornalisti, sono stati toccati argomenti delicati a proposito della crisi sanitaria, della guerra e della posizione assunta dal nostro Paese rispetto alle sanzioni messe in atto dalla comunità internazionale nei confronti della Russia. Non potevano infine mancare i riferimenti alla temuta crisi energetica. Cassis non si è naturalmente sottratto a questi interrogativi, ma non ha neppure rinunciato a ribadire i principi e le priorità della sua azione politica, mettendo l’accento sulla coesione nazionale. «Non sottovalutiamo il privilegio di vivere in un Paese che da secoli si fonda sulla convivenza pacifica tra popoli fra loro profondamente diversi», ha dichiarato nel suo discorso.
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