È una delle poche manifestazioni del Luganese che conservano una spiccata caratteristica paesana. Le giostre, le altalene, gli autoscontri, il tiro a segno e altri divertimenti attraggono una moltitudine di adulti e bambini, che scrutano con curiosità i banchi di vendita e gustano i prelibati tortelli. Il lunedì, grazie alla fiera del bestiame, San Provino ritrova le sue origini rurali, con la musica popolare e il simpatico chiacchierio delle persone, per lo più attive nel settore agricolo o vicine allo stesso, provenienti da tutto il Cantone.
Seconda solo alla Fiera del bestiame di Lugano, quella di San Provino fu concessa al Borgo di Agno dalla Dieta dei Cantoni elvetici nel 1518. Allora l’eccessiva spensieratezza della festa creava qualche problema d’ordine sociale per le sbornie, le risse e le sfide scatenate per futili motivi e qualche volta per divergenze politiche. Oggi l’ambiente è cambiato, tuttavia – come scrive Davide Adamoli nell’introduzione alla nuova edizione del romanzo «Il Voltamarsina» – «la festa di San Provino nel nostro tempo è uno di quei momenti annuali, forse il più genuino, che contribuiscono a creare l’identità del borgo». Al punto che da qualche settimana circola una petizione per il suo riconoscimento, unitamente alla Sagra di San Martino a Mendrisio, nell’ambito del patrimonio immateriale dell’Unesco. Un privilegio che in Ticino è riservato unicamente alle Processioni storiche di Mendrisio.
L’importanza di San Provino fu confermata, a partire dall’Ottocento, dalla decisione della municipalità di Lugano e delle autorità di altre località del distretto di evitare la concomitanza dei loro mercati settimanali con la popolare fiera di Agno.
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